“Gagarine – Proteggi ciò che ami” è capace di raccogliere, attorno ad una trama ben strutturata, simboli e scenari potenti che offrono allo spettatore la possibilità di avventurarsi in un viaggio a metà tra sogno e cruda realtà. Candidato al Festival di Cannes nel 2020, al Premio César e al Premio Lumière del 2022, il film si è aggiudicato allo European Film Awards del 2020 il premio per la miglior rivelazione. Diretto da  Fanny Liatard e Jérémy Trouilh e sceneggiato dai due insieme a Benjamin Charbit, racconta la storia del sedicenne Youri e del suo tentativo di salvare dalla demolizione il complesso di case popolari Gagarine, situato nel sobborgo parigino di Ivry-sur-Seine. L’omonimia che lega il giovane protagonista al celebre cosmonauta sovietico Yuri Gagarin non è casuale, giacché rappresenta un importante elemento di definizione identitaria del personaggio e del panorama storico e culturale con cui gli autori hanno voluto raccontare la storia di una realtà periferica. Lo stile narrativo e visivo dell’opera sembra creare dei veri e propri strati percettivi, primo tra tutti quello documentaristico che, con immagini direttamente provenienti dai servizi televisivi degli anni Sessanta, introduce lo spettatore alla storia del complesso residenziale, che proprio in seguito alla visita del cosmonauta sovietico ne prese il nome in suo onore. La dimensione documentaristica restituisce quel clima di sogni e speranze rappresentato da una simile struttura al tempo della sua inaugurazione nel 1963, quando i sobborghi di Parigi stavano vivendo un clima di rinnovamento architettonico, rapportabile in parte ad un rinnovamento politico di matrice comunista, basti pensare ai mattoni rossi delle strutture mostrate.
La narrazione entra nel vivo, portando lo spettatore al presente. Si passa dai colori accesi che esaltano le mattonelle rosse e le geometrie delle case popolari negli anni Sessanta, sinonimo di novità, alle panoramiche degli stessi edifici in un presente dai colori sbiaditi, dove il grigio del cemento sembra aver sottratto ogni tipo di colore ai palazzi popolari. Da subito si viene introdotti al degrado del presente, dove il complesso sembra ergersi come un mausoleo della nostalgia, consegnato alla povertà e all’abbandono, in un panorama multiculturale fatto di convivenza tra religioni ed etnie diverse. La realtà di Gagarine è il simbolo di quei sogni lontani, di cui solo i suoi primi inquilini sembrano ricordarsi. Proprio in un simile panorama, il protagonista viene mostrato nella prima parte del film come un punto di riferimento per la comunità, un tuttofare, che tenta di frenare il degrado strutturale delle palazzine. Youri è l’ultimo sognatore, un portatore di speranze, destinato proprio per questo ad avvertire una profonda e costante solitudine.
Il film rende lo spettatore partecipe dei sogni del giovane che immagina di trovarsi dentro ad una stazione spaziale, necessitante di una continua manutenzione per rimanere in orbita. Quel complesso di case fluttua nello spazio nella mente del giovane, le sue finestre, i suoi corridoi e le sue geometrie, vengono abilmente rapportate ai pannelli solari delle stazioni spaziali, le loro fonti di alimentazione. Non è un caso, infatti, che Youri senta di dover aggiustare i sistemi di illuminazione e i quadri elettrici di Gagarine per impedirne la demolizione. Il suo sviluppo passa attraverso le visioni surreali dei sogni, immerse in colori freddi, dove a dominare sono il silenzio dello spazio e l’assenza di gravità, e le vicende affettive nella vita di tutti i giorni, fatta di amicizie e protesa verso la ricerca del primo amore. Le relazioni in “Gagarine – Proteggi ciò che ami” lasciano intendere l’importanza dei legami e della solidarietà in una comunità emarginata, rispetto ad uno stato assente, rappresentato come una spietata macchina burocratica, indifferente al passato e costantemente alla ricerca del “progresso”. Sorprende l’assenza di un vero e proprio antagonista, capace di bilanciare i tratti positivi di Youri, il cui unico vero nemico è la solitudine, dovuta ad un’assenza di legami familiari stabili e in balia degli eventi che porteranno il giovane a rimanere da solo nelle palazzine, come l’ultimo cosmonauta di un’impresa e di un sogno, destinati alla fine. Il complesso Gagarine pare essere un’entità senziente, un nucleo di coscienza collettiva, per le vite, i destini ed i futuri che ha raccolto tra le sue mura e come tale i suoi abitanti lo ricordano nelle loro memorie. “So che è un edificio, ma quando ne parlo, lo considero una persona”.

Giordano Xefteris