È sotto gli occhi di tutti il fatto che la fruizione del comparto audio-video da parte del pubblico, nell’ultimo anno, sia cambiata radicalmente. La pandemia ha stravolto gli usi dei consumatori rispetto ai prodotti, mettendo i lucchetti alle sale e spostando l’attenzione sulle piattaforme di streaming che, negli ultimi dodici mesi, hanno vertiginosamente rimpinguato le proprie casse. Questi ed altri i punti toccati da Giannandrea Pecorelli, produttore televisivo e cinematografico, nella lezione-evento all’Università degli studi di Roma La Sapienza tenutosi presso l’Aula Oriana del Dipartimento CoRiS venerdì 12 marzo.
Tra i maggiori successi di Pecorelli figurano “Il paradiso delle signore” (2015-in corso) e “Notte prima degli esami”, ma alcune delle sue maggiori sfide si sono concentrate proprio nell’ultimo anno, quando il coronavirus ha costretto gli operatori a ridisegnare set e montaggi. In questo modo, tra tamponi e distanziamenti, Pecorelli ha portato avanti le produzioni. “Gli esperti prevedevano un lento declino del settore ma, se da un lato la tax credit e gli aiuti alle produzioni da parte dello Stato hanno affievolito le perdite, dall’altro le opportunità di lavoro sono aumentate” – ha affermato l’esperto.
Ne consegue che le produzioni sono moltiplicate ed è saltata la catena dell’uscita delle pellicole. I costi pubblicitari, per permettere ai prodotti di lievitare l’engagement, negli anni scorsi, prevedevano figure intermedie quali distributore ed esercente, richiamando alla mente paradossi di zenoniana memoria: come Achille e la tartaruga, infatti, per quanto gli incassi potessero essere grandi, aumentando i costi di produzione, i guadagni rischiavano di essere risicati. La produzione oggi vende direttamente alla piattaforma, saltando quindi un passaggio importante. “Le piattaforme”, ha affermato Pecorelli, “abbattono gli spazi: alcune produzioni, che nel nostro Paese accumulano scarso seguito, vanno avanti perché seguite in altre specifiche aree del mondo”. Il prodotto italiano vende bene (esempi paradigmatici sono “Baby” e “Summertime”) e la mole di contenuti posizionabili varia in base alle specificità”.
Capitolo importante riguarda invece l’audience, considerata un tempo cartina al tornasole per comprendere il gradimento del pubblico: “C’è da considerare che non tutti coloro che fruiscono di un prodotto lo fanno perché questo piace, nonostante sia innegabile una correlazione tra percentuali di share e gradimento. Partendo da questo”, ha precisato Pecorelli, “si può affermare che l’Auditel abbia introdotto una sorta di suffragio universale, offrendo agli addetti ai lavori una direzione da cui muovere”.
Scegliere il target di riferimento significa voler identificare il tipo di prodotto da realizzare. Alcune serie, partite tra lo scetticismo generale, hanno avuto tra i propri adepti soprattutto giovani (è il caso di “Che Dio ci aiuti”). “Stringendo il campo d’interesse al nostro Paese, la Rai dovrebbe anzitutto mantenere il pubblico di riferimento per non disperdere il patrimonio finora costruito. I giovani infatti sono distratti da una mole di offerte mai vista prima, attivabile e fruibile con estrema facilità”.
È necessario conoscere a fondo ciò che viene realizzato e per questo la figura del produttore è fondamentale per diversi motivi, legati alla distribuzione, alla nascita e allo sviluppo del prodotto, partendo dalla fase embrionale, e deve essere al contempo un anticipatore dei tempi, riuscendo a collocare le serie in un determinato contesto.
Matteo Maiorano