Gorbaciof | Una maschera contro il disagio civile
 
Matteo Pacileo, detto Gorbaciof per una vistosa voglia rossa  sulla testa, è il cassiere di un carcere di Napoli con il vizio del gioco. Ogni giorno, dopo il lavoro, va nel retrobottega di un ristorante cinese dove si gioca una cospicua parte degli introiti della giornata. E’ un giocatore scaltro ed esperto e tutto fila liscio finché la fortuna lo assiste. Quando le cose cambiano, inizia a muoversi in un circuito di usurai e malviventi per pagare il conto in rosso delle creste. Intanto si innamora di Lila, la figlia del proprietario del ristorante, una ragazza delicata dalla pelle di porcellana. Si capiscono pur non parlando la stessa lingua e, insieme, progettano di prendere un aereo e scappare via  lontano da tutto lo squallore che li circonda. Ma, talvolta, non si fanno i conti con il destino.
Il film ruota intorno alla forte espressività del protagonista, interpretato magnificamente da Toni Servillo, un  goffo personaggio dai capelli impomatati e il vestito troppo stretto che sa trasformarsi in una tigre e sferrare cazzotti durissimi. Forte e drammatica, fissa come una maschera distaccata da tutto il resto, mobile come una maschera calata perfettamente nel contesto violento di una guerra civile, la recitazione di Servillo è essenziale e consapevole al tempo stesso tanto da agire il minimo necessario sorprendendoci, in alcuni frammenti del film, con una ironia e una tenerezza che non ci saremmo aspettati. I dialoghi sono ridotti al minimo, ai limiti del film muto ma proprio questo rende la pellicola universalmente comprensibile. Il film è diretto magistralmente da Stefano Incerti, uno degli esponenti della “nuova generazione napoletana”, come Corsicato, De Lillo e Martone, autori che hanno fatto dell’impegno civile e del senso del dovere che è presente quotidianamente nelle nostre vite, il fulcro dei loro racconti filmici. Gorbaciof è stato presentato fuori concorso alla 67esima mostra del Cinema di Venezia ed è stato accolto favorevolmente dal pubblico e dalla critica.
 
Patrizia Ruscio