Non solo James Bond o Harry Palmer. Né soltanto Ethan Hunt o Jason Bourne. Lo spionaggio al cinema ha differenti declinazioni e una storia molto più complessa di quanto lo spettatore immagini solitamente. Guida al cinema di spionaggio (Odoya, 2018) aiuta a fare luce sul filone, seguendo un itinerario cronologico e particolarissimo con focus su personaggi o tematiche di rilievo, come ci ha abituato l’editore bolognese. Torniamo ad intervistare Stefano Di Marino, autore di un altro volume indispensabile per gli appassionati e non.

Guida al cinema di spionaggio segue la storia dello spionaggio di questi ultimi cento anni, raggruppando i titoli per tematiche più che per anno di produzione. Perché hai scelto questo metodo?

S.DM.: La storia del cinema di spionaggio è anche la storia del nostro tempo, trasfigurata attraverso uno specchio oscuro che rimanda continuamente a se stesso e rivede periodi storici con occhio differente. Mi è sembrato più interessante accostare film di epoche diverse riguardanti lo stesso periodo per vedere non solo l’evoluzione di un genere, ma anche il cambiamento di prospettiva. Per esempio la Guerra Fredda, che è un tema dominante, ha proposto una varietà di interpretazioni con variazioni di ritmo e prospettiva che si colgono accostando film come La spia che venne dal freddo e Atomica Bionda passando per Spy Game e Funerale a Berlino. Lo stesso periodo storico si può vedere nelle differenze di angolazione determinate sia dal contesto ideologico dei singoli film sia nell’evoluzione del racconto cinematografico propriamente detto.

L’amore per le spy story è legato anche al tuo mestiere di scrittore. Possiamo parlare dell’incontro con la gloriosa collana Segretissimo?

S.DM.: Sicuramente. Ho cominciato a leggere spy story (prima su Segretissimo e poi anche in volumi più ampi per numero di pagine e profondi per intreccio) con la visione dei primi 007. Il genere mi appassionava moltissimo perché ci trovavo stimoli avventurosi per me all’epoca molto cari. Poi ho ampliato il raggio di interessa passando a tutto quello che riguardava l’argomento nel suo filone più avventuroso quanto in quello più ‘letterario’. Alla fine ho cominciato a scrivere, in modo predominante per Segretissimo con i Serial come Il Professionista, ma anche il libreria con romanzi di più ampio respiro come Ora Zero.

Descrivi in maniera molto accurata le caratteristiche distintive del genere. Quali studi hai preso in considerazione al riguardo?

S.DM.: Fondamentalmente ho attinto dalla mia libreria e della mia videoteca, che sono ricchissime. Non ci sono molti testi sull’argomento. Il principale è The Great Spy Films di Leonard Rubenstein, ma è un testo già vecchio di decine di anni. Forse la Guida al cinema di spionaggio è il testo più moderno e completo sull’argomento.

Nella trattazione, John Le Carré, Robert Ludlum e Tom Clancy meritano altrettante “sezioni separate”, altrettanti “dossier confidenziali”. Al di là del valore dei film tratti dai romanzi di questi grandi scrittori, qual è la novità che ognuno di essi ha portato nel genere?

S.DM.: Sono visioni differenti dello stesso genere. Le Carré è quello universalmente riconosciuto più letterario. Il mio preferito resta Ludlum, che è stato capace di combinare l’avventura, l’azione e la complessità dell’intreccio, a volte a scapito del realismo, ma con una grandissima capacità di coinvolgimento del pubblico. Tom Clancy ha lanciato il cosiddetto techno-thriller, un genere moderno, molto americano, forse per il mio gusto un po’ troppo ‘patriottico’, ma che è l’immagine della evoluzione del genere.

Nel tuo recente Guida al cinema noir descrivi una tensione che, pur a cavallo di più sensibilità, inquadra perfettamente il genere di La fiamma del peccato. Più difficile, in questo senso, descrivere il genere di Funerale a Berlino. Che ne pensi? Oltre a ciò, non di rado, noir, avventura e spionaggio si toccano, come indichi in uno dei brani introduttivi…

S.DM.: Penso che la spy story nasca come costola del Noir, almeno nella sua branca più cupa e introspettiva. In questo senso La Talpa è un esempio perfetto. C’è poi uno spionaggio avventuroso che nasce più dall’hard boiled e dal racconto d’azione. È il caso di 007. Funerale a Berlino sta in mezzo, più come film che come romanzo. L’agente Palmer interpretato da Michael Caine è un anti-Bond, ma solo formalmente. Prende alcune caratteristiche dello spionaggio più introspettivo ma, alla fine, racconta vicende dinamiche, a volte quasi fantastiche (si pensi alla fuga nel carro funebre o al super computer di Il cervello da un milione di dollari) con un eroe che, pur con gli occhiali, è un dongiovanni e sa sparare e picchiare all’occorrenza.

Nella sezione “Parodie a raffica”, non hai incluso due film come L’uomo che fissava le capre e Burn after reading – A prova di spia. Credi che possano essere considerati nel genere?

S.DM.: la Guida è appunto una guida e non un dizionario esaustivo. Alcuni film sono rimasti fuori perché è inevitabile, i titoli sono migliaia. i due film che citi sono Spy story solo in senso molto lato. Come dicevo nel capitolo, la parodia è molto difficile e presuppone una conoscenza del genere molto approfondita. Qui mi sembra che, pur divertenti, siano più interessati a far ridere con i luoghi comuni del filone che attraverso una disamina puntuale.

Che dire delle spie nostrane come 077 o 3S3? Credi che dedicherai un lavoro anche a quel filone del cinema italiano?

S.DM.: C’è un bel volume sull’eurospy intitolato Segretissimi, edito da Bloodbuster del quale ho scritto l’introduzione. i ‘jamesbondoni’ hanno una sezione nella guida e sarebbe interessante parlarne ancora, anche se si tratta di un genere di pura exploitation racchiuso nella fine degli anni Sessanta.