“Signor Samuels, i film non mostrano solo com’è il mondo, ma anche come potrebbe essere e se cambiamo il modo di fare film, si può cambiare il mondo”.
Pensiamo alla pandemia attuale, che ha costretto anche Netflix a rinunciare al doppiaggio delle nuove serie. Pensiamo di essere fermi, con un sogno che ha troppi ostacoli da superare. Ora, trasliamo tutto nel Dopoguerra, immaginando sei ragazzi che guardano l’inarrivabile Hollywood non solo come sogno, ma come un riscatto di vita.
Los Angeles. Ace Studios. Mille colori, abiti e acconciature vintage, vestono la folla di aspiranti attori radunata davanti ai cancelli. Tra i tanti c’è Jackie, giovane veterano che sogna il palcoscenico per dimostrare di “essere qualcuno”. Continuamente scartato, si ritroverà a lavorare nel “distributore” di Ernie, attore senza successo. Le logiche del mestiere faranno incontrare Jackie e l’aspirante sceneggiatore Archie, in lotta da sempre per far accettare il colore della sua pelle e la sua omosessualità. Da qui, nuove figure si compenseranno tra loro: Roy, aspirante attore intimorito dal suo passato familiare; Camille e Raymond, rispettivamente aspirante attrice di colore e aspirante regista; Claire, figlia del proprietario degli Ace Studios, ma in cerca dell’apprezzamento dei genitori.
Tutti e sei i ragazzi, apparentemente distanti, sono uniti dal sogno di avere un posto non tanto sul palcoscenico, quanto nel mondo. Il loro cammino non è in solitaria, ma sarà guidato da mentori, uomini e donne che prima di loro hanno avuto un sogno e ne riconoscono gli ostacoli. Il valore psicologico ed emotivo dei personaggi accresce scena dopo scena e il mancato doppiaggio delle puntate (fruibili però con i sottotitoli) proietta lo spettatore a trecentosessanta gradi nei dialoghi. La contestualizzazione storica è per nulla invadente, ma, anzi, di supporto ad una narrazione che fa emergere le storie di vita, le lotte per i diritti, l’opposizione al ‘Buoncostume’ e alle criticità della società di fine anni ’40.
I protagonisti, però, sono la vera chiave di lettura: loro che cercano nel grande schermo di ritrovare sé stessi diventano per lo spettatore qualcuno in cui riconoscersi. L’emarginazione a causa del colore della pelle, dell’orientamento sessuale, della bellezza, del genere e delle diversità di opinione, comporta ancora oggi la perdita del proprio io interiore, per conformarsi agli schemi di una società in cui essere diversi è un rischio. “E a chi ascolta dico: la vostra storia è importante. Lottate per raccontarla. Uscite di casa, vivete la vostra vita a testa alta e raccontate la vostra storia, perché io sono la prova che c’è qualcuno che vuole ascoltarla.”
“Hollywood”, miniserie Netflix disponibile dal 1° maggio, lascia un messaggio importante: lottare per un sogno, rompere le barriere dei pregiudizi, tentare di cambiare il mondo credendo in sé stessi, è il solo modo per accorgersi che dietro ad un “The End”, in realtà, si nasconde un “The Beginning”.
Cristina Quattrociocchi