Declinare il pluralismo per uscire dall’ingombrante chioccia dei partiti. È in sintesi il pensiero espresso da Roberto Natale, responsabile Rai per il Sociale, in occasione della lezione-evento tenuta dal giornalista agli studenti iscritti al corso di laurea in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo dell’Università di Roma La Sapienza. Natale ha toccato diversi argomenti che riguardano ciò che ruota intorno al mondo dell’informazione Rai, in particolare il Consiglio di Amministrazione. Come previsto dall’art. 5 della Legge n. 220 del 28 dicembre 2015 “Riforma della Rai e del Servizio pubblico radiotelevisivo” (entrata in vigore il 30 gennaio 2016) il servizio pubblico è oggi retto da un Consiglio composto da sette componenti, quattro stabili da Camera e Senato, due dal Consiglio dei ministri e uno dai dipendenti. Quanto esposto segna inequivocabilmente la dipendenza della Rai al governo di turno, trasformando il servizio pubblico in ossessione.
“Chi guarda alla Rai lo fa con sguardo parziale, senza riflettere a offerte e limiti – afferma Roberto Natale – con la conseguenza che l’insieme dei temi si riducono a quelli introdotti dalle forze politiche. L’annosa discussione che si sta portando avanti, su sollecitazione di forze sociali e sindacali, non vuole recidere il rapporto con le istituzioni ma è giusto che la Rai abbia nel suo organigramma consiglieri non eletti solo da forze politiche ma anche da quelle sociali e culturali”.
Tra l’altro il contratto di servizio illustra quali siano le prerogative che la Rai deve osservare per meritare l’etichetta di servizio pubblico. E la parola chiave di quest’ultimo è garanzia di pluralismo. Definizione che, nell’accezione corrente, si limita ai partiti. “Dobbiamo fare in modo che i leader siano rappresentati in misura equa – sottolinea Roberto Natale – e abbiamo lavorato affinché fosse compreso che il pluralismo suona meglio se declinato al plurale. La stessa Vigilanza negli anni ‘90 ribadì che bisognasse aprire alle territorialità, al pluralismo di genere, religioso, culturale, associativo, sindacale.
Il rischio maggiore che corrono le società è quello che vadano in frantumi: ciò significa che il servizio pubblico deve porsi l’obiettivo di cucire il Paese. Nell’epoca dei social, dove si cerca rapporto con chi la pensa allo stesso modo, è fondamentale che il servizio pubblico crei confronto, rompa le camere dell’eco.

Matteo Maiorano