di Valentina Leotta

Ogni tanto succede. Capita cioe’ che manifestazioni di piazza riescano ad avviare concretamente, e in tempi brevi, dei cambiamenti. O perlomeno ad aprire un tavolo di discussione.
 
Cosi’ e’ successo per le recenti contestazioni al Decreto Romani, un provvedimento di cento pagine con cui il Governo aveva annunciato l’imminente discussione di una “riforma” del sistema audiovisivo: cinema, televisione, satellite e pure internet. Subito ampio il fronte dei no: Sky, contro la norma che restringe i tetti pubblicitari; gli operatori dello streaming video, preoccupati dalla nuova regolamentazione dei servizi diffusi in diretta su Internet; i produttori indipendenti, messi a rischio dal venir meno di garanzie legislative a tutela dell’industria culturale italiana; ma soprattutto loro, i lavoratori dello spettacolo.
 
Autori, registi, sceneggiatori, produttori, maestranze, attori di cinema e fiction, in ben due occasioni erano scesi in piazza per fare sentire la propria voce. Prima il 24 dicembre, all’indomani del decreto-blitz, pochi ma presenti. Poi il 19 gennaio, piu’ organizzati, questa volta in tanti, mobilitati dietro gli striscioni di 100autori (Associazione dell’autorialità cinetelevisiva), ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), APT (Associazione Produttori televisivi), ART (Associazione Registi Televisivi), SACT (Scrittori Associati di Cinema e Televisivone), SLC-CGIL (Sindacato Lavoratori della Comunicazione), MovEm09. C’erano tutti. C’erano anche quelli di Articolo 21, un’inedita alleanza per contrastare quello che Santo Della Volpe ha definito “un attacco alla cultura ancora libera di questo paese”.
 
Sciopero generale del cinema e della televisione. Fermi per un giorno “Il fiore del male” su Vallanzasca, “Distretto di polizia”, “Tutti pazzi per amore”, “Il peccato e la vergogna”, il prossimo “La famiglia Gambardella”, la troupe di Silvio Muccino in Kenya… Una mobilitazione compatta del mondo del cinema e della televisione.
«In 41 anni che faccio cinema non ricordo un black out assoluto come questo», aveva detto Pupi Avati.
 
Davanti ai poli televisi Mediaset e Rai e Sky, contro il decreto legislativo che renderebbe zoppi i produttori indipendenti dell`audiovisivo, e “in difesa dell’industria audiovisiva italiana”, c’erano tra gli altri Stefano Rulli, Andrea Purgatori, Moni Ovadia, Stefano Reali, Daniele Cesarano, Luigi Ventriglia, Ennio Fantastichini.
 
Foto di Flavio Costa
 
Abolizione dell’obbligo per le televisioni di produrre fiction e di mandarla in onda in prime time; abolizione delle quote che riservano spazi obbligatori alla fiction europea e italiana nella programmazione tv; revisione delle quote di finanziamento alle fiction. Queste le norme del Decreto Romani piu’ contestate da chi il cinema e la televisione li fa per mestiere. Norme che suonano come minacce per l’intero sistema produttivo di film e fiction italiani. E che mettono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro.
 
Il regista Citto Maselli, presidente onorario dell`ANAC, ha speso una vita su questi temi: “Il decreto Romani vuole eliminare la 122. Nel `98, dopo una battaglia di 1o anni, si ottenne una legge secondo cui il 20 per cento degli incassi complessivi di gestione andavano a finanziare produzioni europee e italiane, in particolare indipendenti, per la creazione di film e fiction. Fu considerato un risarcimento al cinema dopo che la privatizzazione delle tv private, nel `75, portò 89o emittenti a riempire i palinsesti coi fondi di magazzino a costo zero. Le tv proiettavano 2500 film al giorno. Le sale passarono di colpo da 4000 a 730”
 
Il decreto Romani proporrebbe invece una liberalizzazione degli obblighi di produzione e investimento a carico dei broadcaster. Aprendo alla possibilita` che arrivino a zero. E un annullamento delle seppur minime soglie di garanzie per la produzione audiovisiva italiana stabilite dalla 122.
 
 
Questi provvedimenti certo sarebbero passati all’approvazione della Camera e del Senato se, per una volta uniti, i lavoratori dello spettacolo non avessero sentito l’urgenza di organizzarsi per dire la loro.
Con delle richieste precise:
 
– Che sia reintrodotta la norma che prevede l’attribuzione ai produttori indipendenti dei diritti residuali, condizioni minima necessaria allo sviluppo di un mercato dell’audiovisivo libero ed efficiente.
 
– Che siano reintegrate le quote di programmazione di prodotto audiovisivo europeo indipendente “recente” nelle fasce di massimo ascolto del palinsesto televisivo.
 
– Che siano immediatamente reintegrate le quote di investimento riservate al cinema e al documentario italiano.
 
– Che venga al più presto aperto un tavolo di confronto tra il Governo, le associazioni di autori e produttori e i sindacati che porti a una riforma ampia e condivisa del sistema audiovisivo nello spirito delle indicazioni comunitarie.
 
Un invito, quest’ultimo, che il Governo sembra aver accolto. Rinviando la votazione del decreto, innanzitutto. Per ascoltare le osservazioni e le proposte dei rappresentanti degli autori, dei lavoratori e dei produttori.
 
Il 20 gennaio, a un giorno dalla mobilitazione unitaria di tutte le associazioni del mondo del cinema, il sottosegretario alle Telecomunicazioni, Paolo Romani, si e’ affrettato a convocare le parti per esporre il proprio punto di vista e manifestando la propria disponibilità a rivedere eventuali aspetti critici del suo documento. Dopo aver preso atto della fondatezza delle valutazioni fatte dalle associazioni di categoria, ha premesso che le quote saranno subito reintrodotte per la RAI e che per le emittenti private, Mediaset e Sky, le quote di investimento verranno calcolate anche sulla base degli introiti da diritti sportivi.
 
Per le altre richieste, ovvero il ripristino per i produttori indipendenti dei diritti residuali, elemento decisivo per restituire loro una più incisiva capacità di azione sul mercato, e la lotta alla delocalizzazione incontrollata delle riprese di film e fiction italiane da parte della RAI, il sottosegretario Romani in quella sede non si era pronunciato.
 
Oggi il suo annuncio: tra martedi` e venerdi` saranno adottati cambiamenti al decreto tv. In un dibattito organizzato da Sky Tg24, sulla comunicazione politica Romani ha precisato che “Le probabili modifiche riguarderanno il cinema, ma faremo chiarezza anche per quanto riguarda il web. Ci sono stati incontri con Google e Yahoo dai quali siamo usciti soddisfatti“. Tutti soddisfatti?
Vedremo. 

Per ora ci limitiamo a ricordare una delle frasi contenute nel comunicato emanato dallle associazioni del mondo del cinema: “la capacità di produrre narrazione audiovisiva corrisponde alla capacità di un paese di raccontarsi e comprendersi. Premessa necessaria al dialogo democratico tra i popoli e le nazioni.”