A distanza di oltre settant’anni da Il mago di Oz, la Disney s’imbarca in una mega produzione da 200 milioni di dollari ispirata all’opera dello scrittore L. Frank Baum per dare vita ad una sorta di prequel del celebre film realizzato da Victor Fleming nel 1939.

Kansas 1905. Oscar Diggs, mago truffaldino e dongiovanni impenitente, vive alla giornata spostandosi con un gruppo circense e portando in scena il suo spettacolo da illusionista. Un giorno, costretto ad una fuga rocambolesca a bordo di una mongolfiera, s’imbatte in una tempesta e finisce nel vortice di un ciclone che lo trasporta nel magico e misterioso mondo di Oz, dove gli abitanti sono oppressi e terrorizzati da una strega cattiva. Al suo arrivo, viene scambiato per il potente mago lungamente atteso dalla popolazione per liberare la città di Smeraldo e il regno di Oz dai malefici della strega. Diggs, che in un primo momento si mostra più interessato alle enormi ricchezze della città di Smeraldo che al bene dei suoi abitanti, saprà poi riscattarsi ricorrendo proprio ai suoi trucchi e alla sua arte da prestigiatore per liberare il regno.

Per dirigere questo attesissimo antefatto delle vicende narrate ne Il mago di Oz è stato ingaggiato Sam Raimi, regista conosciuto al grande pubblico per la trilogia di Spider-Man e letteralmente adorato da schiere di cinefili per titoli di culto come Darkman e La casa. L’inizio è assai promettente, con lo schermo in 4:3 e la splendida fotografia in b/n nel segno della continuità con la pellicola di Fleming che si tramutano in un meraviglioso formato panoramico caratterizzato da colori vivaci e sgargianti con l’arrivo del protagonista nel mondo di Oz. Spettacolare e briosa la fuga dal Kansas di Oscar Diggs, ben interpretato da James Franco che torna a lavorare con Raimi dopo aver vestito i panni di Harry Osborn nella trilogia di Spider-Man, impreziosita da un funzionale e divertente uso del 3D che a tratti ci fa sobbalzare in preda alle vertigini come se fossimo sulle montagne russe.

Purtroppo, dopo un incipit folgorante, il film attraversa alcune fasi di stanca dovute anche all’eccessiva lunghezza e ad alcuni passaggi narrativi abbastanza piatti e poco coinvolgenti, causati da uno script poco fluido firmato da Mitchell Kapner e David Lindsay-Abaire. Nonostante gli ottimi effetti speciali e le belle scenografie, Il grande e potente Oz non riesce ad essere immaginifico e a restituire sul grande schermo quel senso di meraviglia e fascinazione che un mondo fantastico di questo tipo dovrebbe trasmettere. Un film incapace di catturare pienamente lo spettatore anche a causa di una colonna sonora, composta dall’onnipresente Danny Elfman, assai poco ispirata e che sembra riciclare temi ed arie già sentite in altri titoli.

Raimi riesce comunque a graffiare in alcune sequenze che portano impresso il suo marchio di fabbrica, come la scena in cui Rachel Weisz si trasforma in una strega vecchia e orripilante che ricorda non poco la cattiva dell’horror Drag Me to Hell, suo penultimo film. Viene il sospetto che il regista non abbia voluto o più probabilmente potuto, trattandosi di una produzione Disney rivolta alle famiglie, calcare la mano sugli aspetti gotici e orrorifici che avrebbero sicuramente giovato sul piano del ritmo e della tensione narrativa. Insomma, Il grande e potente Oz non è certo fiacco e apatico come l’Alice in Wonderland di Tim Burton, ma dal talento visionario e irriverente di Sam Raimi era lecito aspettarsi molto di più.

Boris Schumacher