Ultima sfida al grande schermo presentata a cuore aperto da Michele Placido, Il Grande Sogno è un film sul periodo ormai più discusso, commentato e pubblicizzato del nostro secolo: il ’68 e ciò che ne è conseguito, periodo in cui appunto Placido sembra essere approdato da ragazzo e mai più uscito. Tre i protagonisti, tre vite che si incrociano e sogni che combattono con idee, pregiudizi e passioni, passioni di chi ha dentro il fuoco della libertà e degli ideali legati a quella che fu forse un utopia. Riccardo Scamarcio è il giovane poliziotto pugliese Nicola che sogna di diventare attore; Jasmine Trinca è Laura, studentessa di famiglia medio-borghese che si lascia fomentare dal movimento rivoluzionario un po’ per amore un po’ per rivendicare la sua libertà verso i genitori; Libero è il tipico studente leader che cerca di cambiare una realtà non sincera e nella quale non si ritrova, e Luca Argentero è perfetto nel comunicare lo sguardo di chi ha cercato di cambiare quella società, e quello sguardo lo riconoscono tutti quelli che quegli anni li ha vissuti davvero.
Voglia di cambiare dunque, voglia di giustizia e sincerità in una situazione politica e sociale che ha, anche se relativamente, segnato il nostro Paese; ma anche voglia di amare, di lasciarsi andare e di scoprire che i sogni possono diventare realtà, senza doversi svegliare mai. E Placido in tutto questo è sempre presente, indirettamente racconta uno squarcio della sua vita e della sua gioventù, il suo è un film che vuole semplicemente spiegare la confusione, lo sconforto e la rabbia dovuti ad un grosso polverone che poi non ha portato a niente, o almeno questo è quello che si deduce dalla storia dei protagonisti.
Azzeccato il paragone con La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana, in cui, come ne Il Grande Sogno, le vicende sentimentali e familiari si mescolavano ai fatti politici e sociali del movimento che ha fatto storia. Placido riesce solo in parte a spiegare quelle che furono le ideologie contrastanti; ci riesce fino a quando si sofferma sull’università occupata, sulle rivendicazioni e il pensiero giovanili e le lotte delle classi operaie, ma si perde a metà film divagando sulle storie dei personaggi, puntando forse principalmente ad un’accoglienza più positiva da parte del pubblico di massa. Da non dimenticare le mai deludenti interpretazioni di Silvio Orlando e Laura Morante; ottima la fotografia, ma sceneggiatura non convincente.
Stefania Bellinvia