I mutamenti nell’universo italiano della comunicazione sono all’ordine del giorno. Il colosso d’Oltralpe Vivendi, ormai padrone di Telecom Italia grazie al suo quasi 25% di azioni, ha deciso di acquisire Mediaset Premium, la pay tv di Berlusconi fortemente indebitata. E non è escluso che in un domani non troppo prossimo decida di inglobare l’intera Mediaset, proprietaria di un complesso di reti che stentano a entrare nel gioco dell’innovazione. Il nuovo gruppo si è dato l’obiettivo di fronteggiare le offensive di Sky e di Netflix, la prima con più del doppio di abbonati pay, la seconda con appena 250.000 abbonati, ma sicuramente destinati a crescere grazie alla spregiudicatezza e alla qualità delle serie prodotte, vedi “House of Cards”.

Anche una piccola rete come La7 ha deciso di entrare in battaglia, con il suo proprietario, l’editore Cairo, che ha lanciato una sorta di Opa per acquistare i due gioielli della Rizzoli, il Corriere della sera e la Gazzetta dello sport, con l’obiettivo di creare un polo multimediale indipendente (tutti dicono di esserlo), volto alla sinergia di contenuti video e stampa. Insomma, il mondo della comunicazione, sferzato da Internet, non sta a guardare. Ha capito che nulla sarà più come prima e che l’era di cinema e televisione, come l’abbiamo praticata e conosciuta, è arrivata al capolinea. “Ai nostri figli non verrà mai in mente di chiedere: cosa c’è stasera in tv? Quel mondo è finito”. Lo afferma Reed Hastings, il gran capo di Netflix, che ha siglato il funerale della televisione in chiaro, presentando i suoi progetti nella Cité du cinéma alla periferia di Parigi. Il colosso di Los Gatos ha comunicato alla stampa le sue cifre attuali: 75 milioni di abbonati,  presenti in 190 paesi (erano “solo” una cinquantina un anno fa, nel 2015). Qualcuno gli ha ricordato che però in Italia gli abbonamenti sono ancora minimi . È vero però che da noi Netflix è arrivato da pochi mesi. Hastings non appare preoccupato: “in sette anni serviremo un terzo delle vostre case”, ha detto.

Comunque la si voglia mettere, tutto questo movimento non può che fare bene sia al cinema che alla televisione nostrani. Confinati sino a poco tempo fa in un orizzonte limitato e asfittico, dominato dal duopolio Rai-Mediaset, l’arrivo di nuovi players aprirà nuove prospettive e nuove opportunità a registi, attori, tecnici e produttori, come sta avvenendo in tutto il mondo. Se Mediaset dunque si è data una mossa (anche se francese), resta il dubbio di cosa farà la Rai. Non basta rimpinguare le casse grazie al canone obbligatorio pagato nella bolletta elettrica. Per entrare nel nuovo mondo occorre saper cambiare e soprattutto saper praticare la strada più ostile a un’azienda pur sempre controllata dalla politica: il coraggio della vera indipendenza. Speriamo.

Roberto Faenza