Il Rito | Fede vs. Scetticismo
 
Il giovane Michael Kovak aiuta il padre nell’impresa funebre di famiglia ed è quotidianamente a contatto con la morte. Per fuggire da quella tetra realtà e ottenere un’educazione gratuita, entra in seminario, pur senza una vera e propria vocazione. Dopo quattro anni, alla vigilia dell’ordinazione a sacerdote, Michael vorrebbe lasciare: sente che la sua fede non è solida. Scrive un’e-mail di dimissioni, ma prima di spedirla riceve una proposta: partecipare a un corso di esorcismo a Roma nell’ambito di un nuovo programma del Vaticano. Benché ancora poco convinto, accetta, anche per la prospettiva di passare due mesi a Roma. L’approccio con il corso non è dei migliori: Michael non crede alla realtà degli esorcismi. Padre Xavier, che tiene il corso, lo indirizza allora all’esperto esorcista Padre Lucas. E con Padre Lucas, il giovane comincia a dover rivedere le proprie convinzioni. Diretto dallo svedese Mikael Håfström Il Rito è tratto dal libro di Matt Baglio Il Rito Storia vera di un esorcista di oggi.
 
Quando nel 1973 L’esorcista sconvolse il mondo fu subito chiaro a chiunque che il filone satanico sarebbe stato una delle punte di diamante di Hollywood, a volte con buoni risultati come L’esorcismo di Emily Rose, altre volte con vere e proprie bufale vedi L’ultimo esorcismo. Il Rito invece è una di quelle pellicole che, ancorandosi a fatti realmente accaduti, colpisce nel segno portando sullo schermo l’ormai eterna lotta tra scienza e religione, tra scetticismo e fede. Michael (interpretato da un bravissimo Colin O’Donoghue) è un ragazzo normale entrato in seminario per sfuggire alla triste realtà della provincia americana, è uno scettico convinto incapace di credere sia al bene che al male. Contrapposto a lui troviamo Padre Lucas (un sempre fenomenale Anthony Hopkins), il grande esorcista, l’uomo dalla fede incrollabile, o almeno così pensiamo, ma man mano che il film prosegue ci troviamo davanti due persone molto simili, con gli stessi problemi e le stesse debolezze. Padre Lucas è un uomo in bilico tra due verità, e sarà proprio questo equilibrio precario a farlo precipitare. Di quante prove avrà bisogno il giovane Kovak per credere nel Diavolo? Sarà proprio padre Lucas a rispondere alla sua domanda: “La cosa interessante degli scettici è che sono sempre in cerca di prove. La domanda è, se le trovassero, cosa cambierebbe?”
 
Già apprezzato per  1408, Håfström  cerca di non cadere nell’ormai ultra-usato clichè di letti che volano e teste che ruotano dirigendo una pellicola che gioca tutto sull versante psicologico: dopotutto perché cercare di dare una visibilità a ciò che è invisibile? Tutto si muove sottovoce, negli angoli bui e nella mente dei personaggi, fino all’esplosione  delle scene di possessione vere e proprie, capaci di far venire un brivido lungo la schiena anche allo scettico più incallito. Dopotutto come dice lo stesso Hopkins nel film: “Scegliere di non credere al diavolo non ti proteggerà da lui”.
 

Lorenzo Colapietro