“È un film a cui tengo molto, perché per la prima volta parlo un po’ di me”. Così Gabriele Salvatores racconta la sua nuova opera, “Il ritorno di Casanova”, presentata il 25 marzo al Bif&st di Bari ed in sala dal 30 marzo. Arriva così per il regista, premio Oscar con “Mediterraneo”, il momento di realizzare un film più personale degli altri, creando un personaggio principale che sembra proprio essere il suo alter ego sullo schermo. Anche Leo Bernardi (Toni Servillo), sessantenne, è un acclamato regista cinematografico, alle prese con la realizzazione del suo nuovo film, intitolato proprio “Il ritorno di Casanova” e tratto dall’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler. L’uomo sta però vivendo una crisi personale: è continuamente dissociato, sente di essere troppo anziano ed alla fine della sua carriera. Teme la concorrenza di un regista emergente, che ha trent’anni in meno di lui. Inoltre, ha una relazione con una donna più giovane, Silvia (Sara Serraiocco), che non sa se continuare o meno. Tutta questa confusione mentale rallenta il progredire del film, facendo impazzire il suo fedele produttore, che per lui ha speso fino all’ultimo centesimo. Man mano che la realizzazione va (con fatica) avanti, Leo si accorge però di quanto si riveda nel protagonista della sua opera. Infatti anche questo Casanova (Fabrizio Bentivoglio) è anziano, e rimpiange la sua gioventù, quando gli bastava una parola per far cadere qualsiasi donna ai suoi piedi. Disperato per la perdita della sua bellezza, sfida sé stesso a conquistare Marcolina (Bianca Panconi), una ragazza bellissima, ma molto fredda. Solo così, si dice, potrà sentirsi di nuovo il giovane di un tempo. Questo lo spingerà a competere con il giovane amante di Marcolina, cosa che porterà ad esiti inaspettati. Leo e Casanova, due storie parallele che procedono di pari passo per tutta la durata del film. Storie che hanno tanti punti in comune: la paura di invecchiare, due figure femminili oggetto del desiderio, due giovani antagonisti fonti d’invidia. La narrazione prosegue in modo frammentato, alternando velocemente segmenti della storia di Leo e di Casanova. La fotografia cambia a seconda di dove ci troviamo, e passa dal meraviglioso bianco e nero con cui viene dipinto Toni Servillo, in un ruolo che gli riesce particolarmente bene, ai colori antichi e delicati che ci riportano al Settecento di Casanova. Questi cambi di prospettiva risultano talvolta un po’ disorientanti per lo spettatore, soprattutto a causa della presenza di flashback. La sensazione è che alla pellicola, dalla durata di soli 95 minuti, servisse una mezz’ora in più per raccontare al meglio una duplice storia così complessa. La colonna sonora si compone di scelte raffinate ed eterogenee che vanno da Fever Ray a Billy Joel, passando per il più classico Vivaldi. Nel complesso, un film sentito che ci mostra un po’ dell’anima di Salvatores, e la sua personale visione del tempo che passa, del cinema, e della vita al di fuori dello schermo.

Martina Genovese