Sinossi: Reggio Emilia, 1969: una trentina di giovani fuoriusciti dal Pci danno vita al “ la Comune dell’Appartamento” e con altri ragazzi anarchici, socialisti e cattolici, si incontrano per progettare la rivoluzione. 40 anni dopo alcuni di loro, Franceschini, Paroli, e Ognibene, ex Br, e Viappiani e Rozzi, rispettivamente uno esponente della Fiom e l’altro del Pd locale, si incontreranno nella trattoria che tenne a battesimo le Brigate rosse nell’estate del 1970, ma stavolta davanti a una cinepresa, per ripercorrere quell’esperienza tentando di spiegare il loro legame con la Resistenza e il Pci.

Il film è liberamente tratto dal libro ”Che cosa sono le Br” (Bur 2004) di Giovanni Fasanella, giornalista di “Panorama”, per la regia di Gianfranco Pannone, regista documentarista. La liberazione  «tradita», il cattolicesimo del dissenso e il movimentismo extraparlamentare presenti nella compagine dell’appartamento, vengono rielaborati attraverso il racconto dei protagonisti di quel tragico periodo della nostra storia, come testimonianza per chi non c’era e per quelli che invece c’erano e per quanto si credano “assolti” sono “per sempre coinvolti”. (F. de Andrè)

Nel film sono determinanti le testimonianze di Adelmo Cervi, figlio di uno dei sette fratelli trucidati dai nazisti, e di Corrado Corghi, ex partigiano cattolico che curava i rapporti con Cuba e con i movimenti sudamericani: «I ragazzi del gruppo dell’Appartamento venivano da me. – racconta – Io nel marzo del 1968 ero uscito dalla Dc, per la posizione assunta sulla guerra nel Vietnam».  Un Italia vicina ma quasi impossibile da raccontare ai giovani, in cui si intrecciano valori condivisi da gruppi disomogenei ma accomunarti da un’unica provenienza, quella contadina e proletaria del dopoguerra, indicibile e quasi indecente nella sua narrazione a posteriori dove i colpevoli rischiano di diventare “eroi” perché hanno valori buoni, e lo Stato ne esce malconcio. Ma questo non è il film a narrarlo è la storia. Mentre il documentario mantiene i suoi toni pacati, scevro da giudizi e tenta solo una parziale ricostruzione di un percorso personale, perché fatto da singoli individui, ma pubblico, in quanto politico. D’altra parte era proprio uno degli slogan del movimento di quegli anni a ribadire che “il privato è pubblico”!  E per questi ormai sessantenni, che si arrogarono il potere di decidere chi era dentro e chi era fuori dal loro disegno di “rivoluzione” non c’è più molto di privato ormai da mantenere nascosto. Quasi tutto è stato scritto e affidato agli archivi della magistratura. Molto è stato gridato in faccia al pubblico dei processi per strage, che vedevano increduli i parenti delle vittime, ma le vere trame, l’ordito di quella tremenda tela non si è ancora compreso. Perciò film come questo servono, non per ricordare, ma per capire qual`è stata la complessità di un percorso che ha portato esseri umani “normali” con ideali addirittura nobili a percorrere la strada del terrorismo, a stravolgere il loro stesso progetto politico, a renderli rei confessi e vinti di una follia devastatrice, che non ha salvato neanche il loro stesso sogno. “Per fortuna non andò così” dice qualcuno nel film “sennò Pol Pot ci faceva un baffo ”, "davvero…impallidiva”. Oggi lo dicono, mangiando e addirittura ridendo: mostrando tutta la banalità del male.

L’uscita del film, è stata molto travagliata e ha suscitato moltissime polemiche e il tentativo di censura. All’estero ha fatto scalpore e al festival di Locarno ha riscosso un discreto successo. Il 13 aprile è uscito, edito da Chiarelettere, un cofanetto che riunisce il dvd del film e il libro "Diario tragicomico di un film politicamente scorreto" di Giovanni Fasanella e Gianfranco Pannone, dove i due autori raccontano la travagliata storia del loro film, prima, durante e dopo l’ormai famoso "editto Bondi".

 

Angela Renzi