Streghe in aria è un prezioso dipinto realizzato da Goya nel 1798, non a caso scelto come raffigurazione simbolo di una storia a metà tra realtà e sogno. Simon (James McAvoy), curatore di una casa d’aste e a corto di denaro, ne pianifica il furto, ma, durante la fuga, riceve un colpo in testa e cade in un’amnesia profonda che non gli permette di ricordare dove ha nascosto il bottino. Franck (Vincent Cassel), suo complice, decide allora di ricorrere all’ipnosi perché la memoria riaffiori affidando Simon a Elizabeth (Rosario Dawson). Dal rapporto tra i tre emergerà un oscuro triangolo in cui non sempre i ruoli saranno ben definiti.

In Trance, dal 29 agosto nelle nostre sale, è impostato su tre personaggi che lottano di volta in volta per conquistare la scena, ognuno con la sua intensità e la sua forte personalità. Simon è dapprima vittima e poi sempre più confuso e in uno stato mentale visibilmente alterato: è suo il ruolo più complesso in un alternarsi di momenti di apparente lucidità e pazzia. Mentre Franck, gangster senza scrupoli, è un leone con Simon e un agnello con Elizabeth, che lo tiene in pugno. E infine Elizabeth, che non sfugge allo stereotipo della femme fatale, seppure la declini sotto un altro punto di vista, sempre seducente e affascinante, ma allo stesso tempo sicura e in grado di tenere la scena per la sua imponenza mentale oltreché fisica.

Lo spettatore finirà così in un vortice di situazioni opposte l’una all’altra che vedranno i buoni diventare cattivi e i cattivi diventare buoni; e la storia cambierà talmente tante volte fisionomia da destabilizzarlo al punto da non capire più dove sia davvero la verità. A tal proposito Cassel dice : “Questo film piega i generi e ti confonde completamente. (…) All’inizio pensi una cosa, poi qualcos’altro e infine un’altra cosa ancora. I personaggi evolvono. Pensi di poterli giudicare e improvvisamente capisci che forse sei stato un po’ precipitoso e non sono esattamente ciò che pensavi che fossero”.

Tutto ha lo scopo di dare ulteriore vivacità a una pellicola già di per sé intrigante: la musica martellante, i dialoghi serrati, il ritmo ipnotizzante, la fotografia buia, la cura del dettaglio. Nonostante ciò, il tema dell’ipnosi meritava ben altra attenzione, dal momento che passa come una pratica semplice e alla portata di chiunque (semplicemente non interessava al regista?). Con questa sua ultima fatica, Danny Boyle, vincitore del premio Oscar per la miglior regia con The Millionaire, vuole, infatti, riprendere i temi visionari degli esordi, esplorando il mondo del subconscio a partire dalle viscere in un viaggio alla scoperta del comportamento umano e delle sue mille sfumature.

Stefania Scianni