Articolo di Valentina Leotta.
Ma siamo proprio sicuri che internet rappresenti un danno per il cinema? Ci convince davvero l’idea che di fronte al dilagare del web e dei nuovi media la soluzione stia nell’elaborare formule sempre piu’ sofisticate e dure di leggi contro il downloading e la condivisione di film? Non si fa che parlare degli effetti negativi di questo fenomeno… E se fosse invece arrivato il momento di comprenderne l’enorme (e a mio parere inarrestabile) portata, e non ostacolarne bensi’ favorirne l’evoluzione? Cosi’ che possa trasformarsi (ancora di piu’) in una risorsa per il cinema?
Mi viene in mente la frase “il saggio indica la luna e il cretino guarda il dito”. Un antico proverbio cinese, credo. Non perche’ in questa storia ci siano saggi, dita o lune (meno che mai cretini), ma perche’ lo sguardo mi sembra sia rivolto da troppo tempo, e con eccessivo dispendio di polemiche, leggi ed energie, verso il punto sbagliato. Quello del contrasto, quello che parla il linguaggio del crimine e rischia di adottare i toni della censura. Chi grida allo scandalo per l`anarchia impunita del web da una parte, chi mette in allarme dal pericolo totalitario del controllo e si erge in difesa della libertà d`espressione dall’altro. E nessuno dei due schieramenti sembra aver finora centrato il problema. Forse perche’ entrambi considerano la cosa per partito preso, mossi da interessi politici o commerciali, senza preoccuparsi abbastanza di capire come il downloading funzioni davvero.
Concentrati a scovare tutte le possibili falle di un sistema che, nel frattempo, continua a rigenerarsi e ad evolvere, modificandosi in base all’occorrenza e alle tecnologie.
E’ del 5 gennaio l’ultima creazione legislativa in materia di downloading. Dopo un iter travagliato durato quasi due anni, in Francia è entrata in vigore la legge “Creation et Internet”, meglio conosciuta come Legge Hadopi, dal nome dell`autorità che dall`1 gennaio 2010 è chiamata a vigilare sui comportamenti degli utenti internet d`Oltralpe. Descritta come una delle più severe norme contro il download illegale, la legge prevede un percorso educativo basato su un sistema di risposta graduale in tre tappe: gli utenti scoperti a scaricare file protetti da copyright (musica, film e altre opere d`ingegno) saranno avvisati una prima volta via mail, una seconda volta attraverso una raccomandata cartacea e al terzo “errore” saranno invitati a comparire davanti a un giudice, che potrà decidere se applicare una multa o la disconnessione forzata. In tutti questi casi, a ricevere gli avvisi non è chi ha commesso il reato, ma il titolare dell`abbonamento internet.
Nei centri Snai sono gia’ iniziate le scommesse: quanto tempo credete ci metteranno gli hacker a trovare una soluzione informatica per aggirare i nuovi controlli?
Nel frattempo in Italia lo spot antipirateria, proiettato nelle sale prima della visione del film o inserito nei dvd che regolarmente si acquistano o noleggiano, ci ricorda che scaricare un film dal web costituisce un vero e proprio furto, come rubare un telefonino o la borsetta di un’anziana signora al bar. Ci ammonisce che se il cinema muore la colpa è dello sharing, di chi scarica i film su internet… Ecco, non so cosa pensi lo spettatore mentre guarda questo spot; non so se cominci a sentirsi davvero un ladro, o se provi fastidio per il fatto di essere preventivamente sospettato di furto, o se ne rida dentro di se’ sentendosi un po’ come davanti al vignettistico prete casto che ammonisce sui danni derivanti della masturbazione. Di certo lo spettatore, che la pratica del downloading appartenga o meno alla sua modalita’ di fruizione, aspetta pazientemente che il film, per cui ha pagato il biglietto o l’affitto al videostore, abbia inizio.
Ma non siamo qui per parlare di questo, in verita’. Anche perche’ credo sia ora che il dibattito sul file sharing si liberi dal veleno dello sterile scontro sulla cosiddetta pirateria per approfondire, con spirito inclusivo, soluzioni che permettano di conciliare la remunerazione dei detentori dei diritti con un ampio accesso alla cultura da parte di tutti.
Ritorno allora al pensiero che ha dato origine a questo articolo: forse si sta guardando la questione dal punto di vista sbagliato. E soprattutto con paura. La paura del cambiamento.
Quante volte avete sentito parlare di “morte del cinema”? Non temete, e’ una formula che riemerge periodicamente, e’ gia’ successo altre volte. Ne ricordo brevemente alcune:
1 avvento del sonoro (era il 1927…)
2 avvento della tv
3 avvento del vhs
4 avvento di internet
5 avvento delle multisale
6 avvento del 3D
Di “morte del cinema” avrete certamente sentito parlare anche in occasione dell’11 settembre, poiche’ la Realta’ aveva preso il sopravvento. “Morte del cinema” e’ un’espressione che ci piace tanto usare pure quando un film che abbiamo visto e’ per noi veramente ma veramente brutto…
Per fortuna pare che ne’ parole ne’ paure abbiano ancora avuto il potere di farlo morire davvero, questo cinema. Che, anno dopo anno, tecnologia dopo tecnologia, si modifica, si adatta. Evolve.
Chiedendo un conseguente aggiornamento della filiera produttiva.
Trovo interessanti, a questo proposito, i recenti dati Anica. Emerge come nel 2009 si sia si’ manifestata una crisi, ma soprattutto del settore produttivo (in Italia sono stati realizzati solo 97 film, contro i 123 del 2008), non del botteghino, che anzi ha registrato un aumento del +5% degli incassi. Il pubblico, dunque, non sarebbe in diminuzione.
Se incrociamo questi dati con altri sul filesharing, per esempio quelli del Centro di ricerca Nexa pubblicati nel marzo 2009, verrebbe da pensare che sia stata proprio la possibilita’ di condividere film a favorire un aumento del pubblico cinematografico. Come dire che si vedono piu’ film perche’ si conosce di piu’ il cinema; si vedono piu’ film, prima a casa ma poi anche fuori. La pratica del downloading avrebbe avvicinato alla sala anche un pubblico che prima ne restava lontano. E lo spettacolo cinematografico continua ad essere percepito come esperienza “altra” rispetto al film sul piccolo schermo domestico (televisore o computer ormai poco importa).
E allora sono convinta che la rete Internet, come gia’ e’ successo per la tv e per il vhs, dopo essere stata percepita per anni come distruttrice di valore, ben presto comincera’ ad essere considerata una risorsa, entrera’ a far parte della normale filiera economica di un film, ne diventera’ uno strumento di marketing e di strategia finanziaria. Certo occorrera’ che, di fronte a queste trasformazioni, l’industria tradizionale del cinema italiano si impegni ad investire di piu’ sulla ricerca e sullo sviluppo. Per farsi promotrice di una nuova cultura imprenditoriale, maggiormente sensibile all’innovazione, e per non incorrere negli stessi errori di quell’industria discografica che ha tardato a riconoscere i vantaggi della musica digitale. Indugiando un po’ troppo nella battaglia.