Appena ti muovi ti tirano le pietre. Nel lontano ’68 chiesi ad Antoine, invitato a collaborare a “Escalation”, il mio primo film, come gli era venuta l’idea della canzone. “Tu sei buono e ti tirano le pietre… qualunque cosa fai, tu sempre in faccia pietre prenderai”. Rispose che aveva notato come lo criticassero soprattutto quando faceva cose belle. E’ la stessa cosa che sta accadendo a Gabriele Salvatores, che ha appena lanciato una bella iniziativa, “Italy in a Day”, con la quale chiama a raccolta gli italiani per mandare un piccolo film girato nelle 24 ore dello scorso sabato.  Oltre a essere un bravo regista, Salvatores è attento alle nuove forme di comunicazione sin dai tempi di “Nirvana”, uno dei primi film cyberpunk. La sua iniziativa, nata in collaborazione con Rai Cinema, invita gli italiani e i nativi digitali a inviare il proprio filmino “user generated content”. Fermare l’attimo fuggente è il nuovo modo di esprimere la creatività del web. Aveva ragione Andy Wharol quando diceva che presto sarebbe arrivato il momento in cui tutti avrebbero avuto il loro attimo di celebrità.

L’idea del regista milanese non è piaciuta al Corriere della Sera, che domenica in prima pagina ha criticato le modalità di partecipazione. L’articolo, a firma di Luca Mastrantonio, che pure è una penna sensibile alle novità, prende di mira la “follia burocratica” del progetto. Tutti i partecipanti che hanno inviato i filmati “hanno dovuto firmare la liberatoria”, scrive, implicitamente accusando gli organizzatori di vessare gli aspiranti registi, sottoponendoli a un infausto martirio di “ordinaria burocrazia”. L’idea della giornata video raccontata è venuta per primo a Ridley Scott nel 2010, quando lanciò “Life in a Day”, divenuto un film lungometraggio grazie ai contributi mandati da tutto il mondo. La perversione di cui parla il Corriere è purtroppo un atto dovuto per chiunque si appresti a lanciare un contest sul web, formalità finalizzata non a tutelare la burocrazia, ma al contrario chi intende partecipare. Se non esistesse la liberatoria, chiunque potrebbe rivendicarla, annullando così qualsiasi competizione. E’ come se volessimo presentarci a un concorso pubblico e non volessimo declinare le generalità o fornire un documento comprovante l’autenticità della nostra partecipazione. In nome di una presunta tutela della libertà, non ci sarebbe alcuna libertà. Non succede neppure al blog di Beppe Grillo, uno dei più open source, che vi si possa lasciare un contenuto senza firmarne l’identità.

E’ vero che la procedura di partecipazione a “Italy in a Day” poteva essere semplificata, ma se confrontata con quella richiesta a suo tempo da Ridley Scott non è poi così tortuosa. Io stesso mi appresto a premiare gli studenti vincitori delle scuole della Campania, chiamati a scrivere un soggetto per il cinema e per la televisione. Anche qui sono state numerose le liberatorie per partecipare al concorso “Lo schermo e le emozioni”. Ma proprio a tutela dei ragazzi che hanno preso parte. Insomma, per dirla con le parole di Antoine, per una volta che la Rai fa qualcosa di innovativo, non tiriamole le pietre. L’iniziativa è la spia luminosa di come il cinema stia cambiando pelle. Non credo di sbagliare se affermo che nel giro di un decennio il cinema, così come siamo soliti a frequentarlo, non esisterà più. Non è un caso se prima di lasciarci, Steve Jobs si sia preoccupato di fare incetta di azioni della Disney, diventandone il maggior azionista. Ha capito che il futuro del cinema è aperto al web. Significa che contenuti e modalità di fruizione cambieranno radicalmente. Ben vengano dunque iniziative come quelle di “Italy in a Day”. Prima della gestione illuminata di Paolo Del Brocco, Rai Cinema sgomitava per partecipare all’orrido film di Michelle Bonev, allora conosciuta come Dragomira, nella tristemente famosa premiazione truffa al Festival di Venezia. Adesso almeno il premio sarà vero e aperto a tutti.

Roberto Faenza