L’angolo di Michele Anselmi
Curioso. “John Wick 3 – Parabellum” è un film acquistato per l’Italia dalla società di Raffaella e Andrea Leone, figli del regista. E proprio a Sergio Leone è dedicato l’omaggio più spudorato e affettuoso contenuto nell’incipit adrenalinico: laddove Keanu Reeves, già braccato da centinaia di killer che aspirano alla taglia da 14 milioni di dollari messa sulla sua testa dalla Gran Tavola, si ritrova freneticamente a smontare e assembleare una vecchia Colt Navy della Guerra civile americana, cambiando pezzi e tamburi, esattamente come faceva Eli Wallach nel western “Il buono, il brutto, il cattivo”.
Nelle sale con 01-Raicinema da giovedì 16 maggio, il terzo capitolo della saga estremizza gli ingredienti dei due film precedenti, trasformandosi in un’ininterrotta battaglia a colpi di pistole, fucili a pompa o automatici, spade, coltelli e mosse di Ju Jitsu. L’azzeramento di ogni psicologia è voluto, semmai la vicenda lascia spazio a qualche battuta sarcastica o buffa, a fare da contrappunto alla ferocia degli scontri: peraltro derubricati ad acrobatiche “coreografie”, si direbbe per sottrarli al realismo da film poliziesco classico.
A 54 anni, sempre stretto nel suo abito nero con camicia bianca e cravatta, capelli lunghi sul viso e barba non rasata, Keanu Reeves ha fatto del malinconico/laconico assassino John Wick un personaggio replicabile all’infinito, e infatti questo terzo episodio finisce con l’aria di prepararne un quarto. Del resto, perfino Sylvester Stallone, a 70 anni passati, ha ripreso le sembianze di Rambo, mentre i sessantenni Liam Neeson e Denzel Washington, insieme al cinquantenne Tom Cruise, continuano sullo schermo a sparare come matti.
Bisogna essere esperti del ramo per riconoscere tutte le strizzatine d’occhio, le allusioni e le citazioni che il regista Chad Stahelski, ex controfigura di Reeves ai tempi della trilogia di “Matrix”, immette nel film tra un combattimento e l’altro. “Armi, tante armi” mi pare fosse una battuta scandita di Neo nel primo episodio del 1999, ma forse mi sbaglio.
Anche il sottotitolo, “Parabellum”, in fondo è un gioco. Evoca la celebre massima latina di Publio Flavio Vegezio, “Si vis pacem, para bellum”, e insieme indica la potenza esplosiva di certe cartucce 9mm dette appunto Parabellum.
Il film riprende esattamente dove finiva l’altro. Wick, sotto la pioggia newyorkese insieme all’amato cane, ha un’ora di tempo, dalle 17 alle 18, per cercare rifugio da qualche parte prima che la Gran Tavola gli scateni l’inferno addosso. Essendo stato “scomunicato” per aver ucciso Santino-Scamarcio all’interno dell’hotel Continental, il fuggiasco conta i minuti che gli restano, ma c’è qualche sicario che si mette in moto prima, pregustando il colore dei soldi.
Lungo due ore e dieci, fosco e notturno, a parte la parentesi abbacinante nel deserto del Marocco, “John Wick 3” mantiene esattamente quel che promette: sparatorie infinite, ossa rotte, corpi squarciati, ferite ricucite, inseguimenti in moto. Dopo un po’ non ci fai più caso, e certo l’affetto iperbolico è voluto, dipende dal grado di saturazione raggiunto dello spettatore (giovane e meno giovane).
In mezzo attori pur bravi, come Anjelica Huston, Halle Berry, Laurence Fishburne o Ian McShan, si intonano al tono un po’ baracconesco del tutto, facendo le facce o meditando vendette sul tema “regole & conseguenze”.
Tuttavia nel suo genere “John Wick 3” è anche divertente con quel tono da “graphic novel”, tra amuleti che custodiscono patti di sangue e riferimenti estetici al look anni Cinquanta. Tutto fa brodo, e d’altro canto Keanu Reeves, sempre doppiato da Luca Ward e molto abile nel corpo a corpo, deve molto, se non tutto, a John Wick sul piano del rilancio commerciale.
Michele Anselmi