Dopo aver omaggiato nella passata edizione – in occasione dell’importante traguardo dei dieci anni dalla sua nascita – Song Kang-ho, uno degli attori più conosciuti e importanti della cinematografia sudcoreana degli ultimi tre lustri, il Florence Korea Film Fest ha organizzato per quest’anno una retrospettiva dedicata a Jeon Do-Yeon, l’acclamata interprete di The Housemaid di Im Sang-soo e di Secret Sunshine di Lee Chang-dong, che le è valso il premio come miglior attrice al Festival di Cannes nel 2007 (prima e ad oggi unica artista coreana a riceverlo).
Per inaugurare l’omaggio a Jeon Do-Yeon, che stasera sarà presente al cinema Odeon di Firenze insieme al regista Im Sang-soo per ricevere il Premio Florence Korea Film Fest in occasone della proiezione di The Housemaid, è stato scelto il film My mother, the Mermaid.
Na-young, impiegata in un ufficio postale, vive con il padre, uomo dall’aria triste e assente, e con la madre, donna dal carattere forte e rude. La sua vita scorre piatta e insoddisfatta nell’attesa di partire per la vacanza-premio in Nuova Zelanda. Un giorno però il padre si sente male e scompare misteriosamente costringendo Na-young a rinunciare all’ambito viaggio-premio per correre a cercarlo sull’isola di Jeju, dove i suoi genitori vivevano da giovani. Giunta a destinazione magicamente si ritrova catapultata nel passato e spettatrice in prima persona della nascita dell’amore tra i suoi genitori. La madre, a dir poco irriconoscibile, è una giovane donna di umili origini allegra e vitale mentre il padre è un mite e sorridente postino che le insegnerà a leggere e scrivere. Na-young, che vive da sempre un rapporto conflittuale con la madre, rimane sorpresa dal suo carattere da giovane e ha modo di rivalutarla e di comprenderla meglio.
La sinossi del film può ricordare vagamente il plot di Ritorno al futuro di Robert Zemeckis ma le analogie tra le due pellicole si fermano giusto all’idea di partenza perché se nel film statunitense il protagonista si trovava ad interagire attivamente con i suoi genitori da giovani per far in modo che tra i due scoccasse l’amore, in quello coreano la protagonista rimane ai margini della storia come semplice spettatrice estranea e distante dall’evolversi degli eventi. Lo script scricchiola quasi subito, nel momento in cui Na-young si ritrova al cospetto della madre da giovane che finisce per ospitarla a casa sua senza batter ciglio e senza far domande in merito alla sua apparizione dal nulla. La sceneggiatura, scritta dal regista Park Heung-Sik insieme a Song Hye-jin, presenta qualche falla ma il risultato finale non ne risente troppo grazie alle ottime interpretazioni di tutto il cast in cui spicca ovviamente la performance di Jeon Do-Yeon, impegnata nel duplice ruolo di Na-young e di sua madre da giovane. L’attrice, nota per un’estrema versatilità che le consente d’interpretare ruoli a tutto tondo che spaziano dal dramma alla commedia, è talmente brava e convincente che lo spettatore pensa quasi di trovarsi difronte a due persone diverse. Allegra, spensierata e buffa nei panni della madre da giovane, riflessiva, malinconica e corrucciata quando deve impersonare Na-young.
Il film si dimostra nostalgico nei confronti del passato, esaltato da una fotografia calda e luminosa, di natura quasi fiabesca che idealizza la vita isolana semplice, serena e spensierata, contrapposta ai colori grigi e spenti di un presente apatico e disilluso dove i protagonisti vivono alla giornata come inghiottiti dalla grande metropoli. Si rimpiange la giovinezza in cui tutto era ancora possibile prima che l’inesorabile passare del tempo, fatto di rimpianti, errori e scelte dolorose, riplasmasse i caratteri dei protagonisti rendendoli cupi e cinici o deboli e apatici, portandosi via anche quel tenero e delicato sentimento sbocciato in tenera età.
Boris Schumacher