A sei anni dal geniale Hot Fuzz, finalmente, sembrava giunto il momento che tutti gli appassionati stavano aspettando: l’ultimo capitolo della cosiddetta “Cornetto Trilogy” firmata Edgar Wright, iniziata nell’ormai lontano 2004 con L’alba dei morti dementi. Diciamo “sembrava” perché, oltre al ritardo di due mesi con cui La fine del mondo è approdato nelle nostre sale, c’è qualcos’altro che non torna: la pellicola è effettivamente è stata davvero distribuita?
Uscito lo scorso 26 settembre, infatti, il film sta soffrendo di scarsa reperibilità nei cinema, dove ha imbroccato la via dei multisala, per giunta ad orari scomodi e quasi assurdi (addirittura in alcune sale viene proiettato solo all’una di notte). Il perché, forse, lo si può trovare negli incassi non particolarmente alti del precedente Hot Fuzz, che perlomeno era stato trattato più dignitosamente (non parliamo di cosa accadde a L’alba dei morti dementi, che qui da noi uscì direttamente in DVD), ma anche in questo senso il ragionamento potrebbe sembrare poco rispettoso nei confronti degli estimatori del regista inglese; infatti, se è vero che i primi due capitoli della sua trilogia ideale (chiamata “Cornetto Trilogy” per via del gelato Cornetto che i protagonisti sgranocchiano come rimedio al dopo sbornia) potevano essere considerati prodotti di nicchia – da noi soprattutto per via di scelte distributive discutibili –, allo stato delle cose, il terzo capitolo era atteso da una fetta di pubblico molto più ampia, essendo cresciuta non solo la fama del regista e delle sue pellicole precedenti, ma anche quella dei due protagonisti Simon Pegg e Nick Frost.
Questo caso, che ha scatenato non poche polemiche da parte del pubblico sui social network, fa riflettere su quali siano i prodotti cinematografici “privilegiati”: un esempio eclatante è il chiacchierato The Bling Ring, ultima fatica di Sofia Coppola. Un film che punta su un target di giovani, affrontando una tematica di forte richiamo, con l’appoggio di un network esperto nel campo come quello di MTV: una pellicola che ha tutti gli ingredienti per accaparrarsi una distribuzione massiccia e una gran campagna pubblicitaria, fondamentali il nome della Coppola e la presenza di Emma Watson (già da troppo orfana di Harry Potter) nel cast.
Va considerato che il cinema è anche un business e che le società distributrici devono pensare al guadagno, ma il problema di fondo è che La fine del mondo aveva tutti i numeri per rappresentare quantomeno un piccolo successo, sarebbe bastato puntare un minimo di più sulla campagna di marketing (il trailer si è visto molto poco e parecchio tempo prima che uscisse in sala) e sulla diffusione di informazioni e locandine all’interno dei cinema stessi. Ma si sa che spesso non si può o non si vuole puntare sui cosiddetti cavalli rischiosi, perché quelli sicuri fruttano molto di più. Ma dopotutto è solo un film, non sarà la fine del mondo. Forse.
Mattia Ferrari