“Elysium manda un messaggio importante”, si legge nelle recensioni e si sente da dire da chi ha visto l’ultimo film di Neill Blomkamp uscito a fine agosto. Come dovesse essere una novità riscontrare un insegnamento rilevante in una pellicola di fantascienza, quando la componente morale è sempre stata presente nelle opere di genere, a partire dalla letteratura. Abbiamo recepito la lezione ecologica di Atto di Forza, l’ormai noto rischio di affidare la salvezza umana alla tecnologia in Terminator, l’infinitesimale rilevanza dell’uomo in 2001: Odissea nello Spazio: la fantascienza è stata vista in passato come un’evoluzione delle favole per poi acquistare caratteri sempre più autorevoli, sebbene la morale e l’insegnamento interni siano rimasti. Magari nascosti tra le pieghe del racconto, tra esplosioni e veicoli volanti, tra colpi di laser e creature ibride, ma sempre lì ben presenti.
È anche vero che, negli ultimi anni, il livello dei film di genere è drasticamente calato e sono fioccate pellicole prive di quella spinta e di quell’originalità che hanno reso grandi saghe come quella di Alien. Forse per questo motivo in molti hanno apprezzato o trovato almeno ammirevole il tentativo di Neill Blomkamp di infondere un importante messaggio sociale nel suo Elysium. Ora, senza riferirci alla regia straordinaria, agli imponenti effetti speciali o alle incongruenze che rendono deludente l’intreccio, soffermiamoci sul messaggio che il regista ha tentato di veicolare con il suo secondo lungometraggio: i potenti schiacciano letteralmente i meno fortunati, lasciandoli morire. L’intento è nobile, ma la superficialità con cui il tutto è sviluppato non rende giustizia al potenziale che questo messaggio sull’ingiustizia della disparità sociale contiene in sé.
In sostanza, quello che il regista ha cercato di fare è stato replicare il successo di District 9, senza riuscire a mantenere le redini dell’intreccio, probabilmente preso dall’ansia di creare un’atmosfera che potesse ricalcare un contesto sociale futuristico ma al tempo stesso attuale. Nel film precedente, Blomkamp era riuscito a trattare un tema delicato come il razzismo con un’originalità rara, abbinata ad una maestria nello svolgere e sciogliere tutte le situazioni senza mai perdere il bandolo della matassa. Se la storia e gli intenti narrativi non viaggiano sullo stesso binario non significa certo che l’originalità mostrata dal regista con il suo primo lavoro debba essere totalmente spazzata via in favore di maggiori scene d’azione e di una sempre più crescente spettacolarità visiva. Forse anche questo stupisce chi non ha grande dimestichezza con la fantascienza: un film carico di effetti speciali mozzafiato con un messaggio evidente, ma veicolato con superficialità ed una fastidiosa stereotipia.
Mattia Ferrari