Dopo la pausa del dittico di Halloween, Rob Zombie torna a dirigere una sua storia con Le streghe di Salem (nelle sale da oggi), titolo spartiacque che segna l’abbandono dello slasher e la prima incursione nell’horror sovrannaturale. E il film, lungamente atteso, aveva tutte le potenzialità per consacrare il regista nell’Olimpo dei grandi maestri dell’horror: il ruolo da protagonista interpretato dalla musa ispiratrice, la moglie Sheri Moon Zombie, la presenza della musica come motore narrativo, un erotismo orrorifico che permane per tutta la durata e la presenza di molti elementi appartenenti al cristianesimo. Ma il risultato finale, pur rimanendo suggestivo, non riesce ad essere incisivo e perturbante come avrebbe dovuto.
Entrando nel territorio dell’horror metafisico, il cineasta si è ritrovato a confrontarsi con capolavori come L’esorcista, Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York, Shining o L’inquilino del terzo piano, sebbene il lento e continuo malessere che quei titoli riescono ad instaurare con lo spettatore mal si adatta all’orrore fisico e improvviso che Zombie ha offerto nelle sue prove precedenti. Non a caso, la scena più riuscita rimane quella del vecchio storico che si trova a sorseggiare il tè con le tre sorelle vicine di casa di Heidi, l’unico momento in cui il regista ha la possibilità di mettere in gioco i suoi eccentrici assassini.
Per il resto, Le streghe di Salem rimane un continuo ammiccare al teen horror, con ripetuti effetti che non portano mai ad un brivido e mal si adattano al contesto generale della pellicola. O, viceversa, una continua ricerca sul linguaggio cinematografico (forse troppo derivata dalle sperimentazioni di Jodorowsky) per raggiungere un livello onirico poi non gestito a pieno. Pur criticando il film per quello che avrebbe potuto essere e non è, rimangono molte cose positive: prima di tutto una splendida Salem perfettamente resa dalla scenografia, Sheri Moon Zombie, in un’ottima interpretazione in cui si concede abbondantemente allo spettatore, le ossessive immagini di simboli sacri trasformati in oggetti di cattivo gusto (croci al neon e foto di Gesù psichedeliche) ed, infine, una colonna sonora che si sposa perfettamente con l’immagine spettrale della cittadina maledetta.
Marco Scali