“Ti vendicherò padre, ti salverò madre, ti ucciderò Fjölnir”. Questo è il sanguinario mantra che ossessiona Hamlet sin da bambino. La distanza che separa il passato dal presente viene annullata dall’incessante desiderio di giustizia che tormenta la vita del protagonista di “The Northman”. Il terzo film del visionario Robert Eggers narra, infatti, le peripezie causate dalla sete di vendetta di un giovane vichingo erede al trono, improvvisamente privato della sua famiglia e di un futuro dal tradimento da parte dello zio che decide di macchiarsi di sangue fratricida.
A differenza dei suoi primi due film, “The WWitch” e “The Lighthouse” la trama di questo lungometraggio, divisa in diversi capitoli, appare meno stratificata e maggiormente aderente ad archetipi narrativi classici. Non è un caso che le vicende del protagonista riecheggino quelle dell’Amleto shakesperiano, dato che il regista americano si è rifatto al racconto nordico che ha ispirato il bardo inglese. A non apparire meno potente rispetto alle altre due riuscitissime pellicole è il curatissimo comparto tecnico. La brillante messa in scena può vantare una regia che predilige stretti primi piani, virtuosi movimenti di macchina e memorabili sequenze a cavallo tra la spiritualità nordica e un trip psichedelico. Ad esaltare la potenza visiva delle immagini ci pensano anche un’ottima fotografia ed una colonna sonora di prim’ordine composta da Sebastian Gainsborough. Pulsanti basse frequenze di tamburi ancestrali si ibridano con degli inintelligibili cori gutturali provenienti da un altrove mistico e delle oniriche melodie di scaccia pensieri. La potenza della pellicola è impreziosita anche da convincenti interpretazioni di un cast stellare composto, tra gli altri, da Willem Dafoe, Anya Taylor Joy e Nicole Kidman. Degno di nota anche il ritorno sul grande schermo dell’enigmatica Björk, seppur per pochi minuti, nel ruolo di una profetica sciamana: la musicista era apparsa per l’ultima volta al cinema nel traumatico “Dancer In The Dark” del danese Lars Von Trier. Il film ha anche il pregio di non perdersi in inutili e ridondanti descrizioni della mitologia nordica, ma di saperne sfruttare sapientemente l’immaginario per imbastire una storia lineare, semplice, ma non priva di colpi di scena e di momenti al cardiopalma, tra i quali spiccano gli immersivi (e brutali) combattimenti in piano sequenza in cui la fisicità di Hamlet domina lo spettatore ed i suoi avversari. Impossibile non citare, in questo senso, lo scontro finale in cui il protagonista affronterà lo zio mentre il vulcano alle sue spalle continua ad eruttare lava incandescente.
Nonostante la trama non brilli della stessa originalità delle precedenti prove registiche, Eggers riesce comunque ad offrire interessanti riflessioni sul microcosmo familiare. Infatti, nonostante il respiro epico del viaggio di Hamlet, gran parte della pellicola è ambientata in un villaggio rurale in Islanda: questo avvicina il lungometraggio alle tematiche antropologiche trattate in “The WWitch”, l’horror di culto che ha lanciato la carriera del regista e di Anya Taylor Joy. Le due ore e venti di durata non appesantiscono la visione che, grazie anche ad un ottimo montaggio, rapisce lo spettatore in una cieca spirale dove la violenza, la spiritualità ed il sangue annebbiano la vista del protagonista, regalando un’esperienza coinvolgente e viscerale catalizzata dall’immersività della sala cinematografica.
Robert Eggers, giunto ormai alla sua terza prova registica, si riconferma uno dei cineasti più interessanti a livello internazionale. Slegandosi da quel tipo di horror che aveva caratterizzato le sue prime due opere, il regista firma con “The Northman” il suo film più accessibile e lineare, senza per questo sacrificare l’incisività della messa in scena, che si riconferma di altissima qualità. “Ti vendicherò padre, ti salverò madre, ti ucciderò Fjölnir”.
Gioele Barsotti