Lo scafandro e la farfalla – un libro, un film
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… apparentemente può sembrare una serie di lettere alla rinfusa, senza nessun ordine nè senso …
… in realtà si tratta dell’alfabeto usato da Jean-Dominique Bauby, autore del libro, dove ogni lettera ha una sua collocazione a seconda della sua frequenza nella lingua francese; è così che all’autore viene “sgranato” l’alfabeto nella versione ESA fino a che lui stesso, con un battito di ciglia, interrompe la lettura su di una lettera, quella che verrà annotata, e così via via per le seguenti lettere fino a formare la parola desiderata …
E’ in questo modo che Bauby, attraverso questa particolare dettatura ha scritto il suo libro, morendo il 9 marzo 1997, a quarantacinque anni per arresto cardiaco, pochi giorni dopo la pubblicazione.
Jean-Do, come lo chiamano gli amici, è giornalista e redattore capo della rivista Elle; l’8 dicembre del 1995, mentre è alla guida della sua auto in compagnia del figlio maggiore Theophile, viene colpito improvvisamente da una sindrome rarissima definita locked-in-syndrome: la malattia che rende paralizzato totalmente il corpo, lascia però la mente perfettamente lucida. Jean-Do non può né mangiare, né parlare, né muoversi, né respirare senza l’aiuto di qualcuno; l’unica cosa che ancora si muove è il suo occhio sinistro, con il quale egli esplora e indaga il mondo e trasmette il suo pensiero.
E’ così che il suo corpo è come prigioniero in uno scafandro, ma il suo pensiero, attraverso il battito delle ciglia, si libra come le ali di una farfalla…I pensieri che Bauby annota nel libro sono un continuo vagare da momenti di autoironia, a momenti di profonda prostrazione per non poter essere in grado di svolgere le azioni più comuni e quotidiane:
“ …un giorno, trovo buffo essere, a quarantaquattro anni, lavato, girato, pulito, fasciato come un lattante … l’indomani, tutto questo mi sembra il colmo del patetico …”
La giornata nell’ospedale di Berck, è scandita dalle varie terapie: dalla fisioterapia all’incontro con la psicologa, dalla visita neurologica a quella con la fisiatra, dall’ortottista al bagno settimanale…
I pochi momenti di piacere come quello di essere immerso nell’acqua, diventano anche momenti di dolore nel ricordo delle “grandi sguazzate che erano il lusso della mia vita precedente”.
Jean-Do ha molto tempo a disposizione per pensare, per vagare con la mente lontano fino all’anziano padre, all’imperatrice Eugenia, alle strade parigine, ad un improbabile viaggio a Lourdes, al compagno di liceo Olivier, ad Alexandre Dumas…
il suo pensiero viaggia perché è solo quello a potersi spostare senza limiti…
…e così anche per il piacere dell’assaporare i cibi: Bauby viene nutrito mediante una sonda e con la memoria ricorda il gusto e gli odori, offrendosi, “a seconda dell’umore”, salsicce, lumache e crauti, serbando per l’autunno ostriche e selvaggina, “se ne avrò ancora voglia”, ironizzando sarcasticamente sul fatto che “non c’è mai problema di digestione…”
In questa fase della vita di Bauby, è fondamentale la figura di Claude Mendibil, una redattrice del suo editore, colei che pazientemente prende nota, lettera per lettera, parola per parola, del suo pensiero: osserva il suo occhio, annota, rilegge… e lo aiuta a portare a termine il libro.
“… c’è nello spazio una chiave per aprire il mio scafandro? … una moneta abbastanza forte per riscattare la mia libertà’. Bisogna cercare altrove. Ci vado.”
Il pittore e regista statunitense Julian Schnabel (lo ricordiamo in particolare per la regia del film “Basquiat”, 1996), traspone in versione cinematografica il libro di Bauby; con questo film ha vinto il premio per il miglior regista al Festival di Cannes del 2007.
Trattando questo tipo di argomento, è facile cadere nella pateticità e nel pietismo, ma non è il caso del nostro film.
Schnabel riesce a non risultare retorico e contemporaneamente a restare fuori da qualsiasi valutazione soggettiva rispetto ai due argomenti oggi così discussi: l’eutanasia e la difesa della vita.
La cinepresa corrisponde esattamente all’occhio sinistro di Bauby, e quindi il suo punto di vista con il quale può vedere ciò che lo circonda, è il nostro stesso sguardo; le prime immagini dopo il risveglio dal coma sono sfocate e lo spettatore è attraverso la sua vista che si trova di fronte le pareti dell’ospedale, i medici, le infermiere…anche la voce che noi ascoltiamo é la voce del pensiero del protagonista…
Le immagini, di grande potenza e maestria nello spostamento della telecamera e sulle quali il film prende sviluppo, sono create dal direttore della fotografia Janusz Kaminski (“Schindler’s List” – “Munich” – “Salvate il soldato Ryan".)
A volte le persone che stanno di fronte a Jean-Do vengono riprese mancanti della parte alta della figura: in questo modo viene espressa la sua impossibilità di alzare la testa; così come spesso le inquadrature di ciò che lui vede risultano storte: la sua testa sta appoggiata, quasi pendendo, sul reggi testa della carrozzella…
Oltre all’efficace interpretazione del personaggio da parte dell’attore francese Mathieu Almaric, è da rilevare, se pur in maniera minore come durata, quella intensa di Max Von Sidow nei panni del padre di Bauby: l’attore ci restituisce una bella immagine di figura di anziano padre.
di Onorina Collaceto
Scheda del film
Titolo originale:
(Le Scaphandre et le papillon)
Regia: Julian Schnabel
Sceneggiatura: Ronald Harwood
Attori: Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Anne Consigny, Patrick Chesnais, Niels Arestrup, Olatz Lopez Garmendia, Jean-Pierre Cassel, Marina Hands, Max von Sydow, Emma de Caunes, Fiorella Campanella, Théo Sampaio, Franck Victor, Hiam Abbass
Fotografia: Janusz Kaminski
Montaggio: Juliette Welfling
Musiche: Paul Cantelon
Paese: Francia, USA 2007
Scheda del libro
LO SCAFANDRO E LA FARFALLA
Jean-Dominique Bauby
Traduzione di Benedetta Pagni Frette
Editore: Adriano Salani s.p.a. – Ponte alle Grazie
Pagine: 128
Stampa: novembre 2007
La pagina è visibile sul sito:
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