L’angolo di Michele Anselmi
In “Locked Down” i due intrappolati dal lockdown causa pandemia sono una giovane coppia alla frutta, lui nero e lei bianca, belli e benestanti. Abitano in un’elegante palazzina a tre piani in un quartiere lussoso di Londra, stavano per separarsi, ma l’isolamento imposto dall’emergenza sanitaria li costringe a sopportarsi, un po’ da separati in casa, per altre due settimane. E naturalmente può succedere di tutto, trattandosi di una commedia sentimentale, sia pure con bizzarro contorno da “action movie”.
Targato Warner Bros, il film da venerdì 16 aprile è disponibile per l’acquisto e il noleggio premium su Apple Tv app, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TimVision, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV e per il noleggio premium su Sky Primafila e Infinity.
Vale la pena spenderci dei soldi? Dipende fa ciò che si vuole vedere. Doug Liman è il solido cineasta americano che si fece conoscere con “The Bourne Identity”, Steven Knight è lo sceneggiatore britannico di “Peaky Blinders” oltre che regista del notevole “Locke”, i due divi in cartellone sono Anne Hathaway e Chiwetel Ejifor, più celebrità in partecipazione speciale, da Ben Kingsley a Ben Stiller. Insomma, un bel numero di talenti messi insieme, anche se lo spunto ricorda il tanto vituperato “Lockdown all’italiana” di Enrico Vanzina (solo che lì le coppie costrette a sopportarsi erano due, di diversa estrazione popolare).
In “Locked Down”, almeno nella prima parte, tutti si parlano via zoom e quindi il punto di vista è quello del computer, naturalmente con la moltiplicazione di facce, sfondi e situazioni buffe. Linda è la demotivata Ceo locale di una potente società di eventi internazionali, la Miracle, alle prese con numerose teste da tagliare e pure reduce da una “scappatella” lesbica; suo marito Paxton è un ex motociclista “selvaggio”, con velleità poetiche, costretto ad accettare sotto falso nome (Edgar Allen Poe, suppergiù come lo scrittore) uno strano incarico da autista nella sua ditta di security.
I due si sono molto amati nei dieci anni precedenti, ma adesso litigano su tutto, sesso neanche a parlarne, e la “clausura” ha peggiorato il loro umore. Finché, un po’ per noia e un po’ per vendetta, a lei non viene in mente di organizzare un colpaccio nel cuore dei prestigiosi magazzini Harrods dove è di casa.
Diciamo che la trovata della rapina serve a Liman e Knight per far prendere aria alla storia e non ridurre “Locked Down” a una commedia asprigna sul disamore e il virus. Naturalmente ci sono le mascherine, le file davanti ai supermercati, i personaggi che si collegano al computer truccati e vestiti di tutto punto sopra e in pigiama sotto, eccetera. Tutto già visto e digerito. All’inizio il torrenziale gioco verbale è spigliato, divertente, insomma pesca in una certa “verità” della vita di coppia, sia pure dentro una recitazione tutta mossette e faccette; poi capisci dove il film, lungo quasi due ore, vuole andare a parare, sicché l’inverosimiglianza prende il sopravvento e cominci a pensare ad altro. Bravi però i doppiatori italiani, se si rinuncia alla versione originale: sono Domitilla D’Amico e Simone D’Andrea.
Michele Anselmi