Uscita da qualche settimana nelle sale, distribuito da Wanted Cinema e Valmyn, Lou Von Salomé, diretto dalla regista tedesca Cordula Kablitz-Post, è ispirato alla storia della filosofa, scrittrice, psicoanalista. Cordula Kablitz-Post, in questa sua opera prima, porta sul grande schermo l’affascinate figura di una donna in forte contrasto con la morale del suo tempo, che fu in grado di difendere la sua libertà e indipendenza fino alla fine dei suoi giorni.
Il film ripercorre a ritroso gli anni movimentati della vita di Lou: il racconto inizia dal 1933, anno in cui insieme al giovane germanista Ernst Pfeiffer, scava nei ricordi per ricostruire un’intensa biografia. Nata nel 1861 a San Pietroburgo, la giovane Lou non riesce a sottomettersi alle aspettative della famiglia e della società, non accetta il matrimonio come status sociale e rifiuta in ogni modo le relazioni carnali, per affermare la sua indipendenza e libertà. Studia filosofia, frequenta intellettuali, stringe un complicato rapporto con i filosofi Paul Rée e Friedrich Nietzsche, a cui spezzerà il cuore con il netto rifiuto, alla richiesta di entrambi, di trasformare un amore platonico in un legame stabile e consolidato. Sposò un accademico senza mai avere rapporti sessuali con lui, ma con cui stabilì un legame di oltre trentanni. Scoprirà i piaceri della carne e l’amore solo molti anni dopo, grazie alla passionale relazione con il poeta Rainer Maria Rilke, di cui divenne una grande sostenitrice.
La relazione con il medico viennese Friedrich Pineles le darà addirittura un figlio, ma non porterà avanti nessun legame con il padre della bambina. All’età di 50 anni diverrà allieva di Sigmund Freud e successivamente sua consigliera. Nel 1937, dopo la sua morte, la Gestapo fece irruzione nella casa di Gottinga: Lou in qualità di “propugnatrice della psicoanalisi, scienza giudaica”, era considerata nemica dello Stato. Tutti i suoi scritti furono portati via e seppelliti per anni nelle cantine del palazzo municipale. Il suo estremo desiderio di libertà e indipendenza non aveva a che fare con una rivendicazione collettiva di genere, Lou era sempre concentrata su se stessa, tanto da incarnare nella sua stessa vita il concetto di narcisismo positivo. Il ritratto composto nel film, nonostante siano citati solo alcuni degli episodi della frenetica vita della filosofa, è quello di una donna autentica, capace di tutto pur di non sottostare alle convenzioni e seguire ogni suo più profondo istinto.
Lou Von Salomé è un film a basso budget e sono apprezzabili le soluzioni creative utilizzate per sopperire all’impossibilità di girare nelle diverse location, Berlino, Vienna, Bassa Sassonia, Alto Adige, in cui la vita di Lou è ambientata. Per alcune scene sono stati realizzati alcuni scenari bidimensionali, delle cartoline d’epoca, in cui Lou si muove. L’idea di una donna in movimento in uno scenario statico è anche una potente immagine concettuale oltre che scenografica. Al cinema siamo abituati a storie di riscatto, lotte di genere, ma è difficile venire a contatto con figure femminili che esprimono un innato egoismo. Anzi all’egoismo viene spesso data un’accezione negativa, così come al narcisismo, eppure l’amore per se stessi, a volte, è l’unica via per la vera libertà.
Chiara Pascali