Da oggi nelle sale dopo quattro anni | Distribuzione Indipendente
Nel 1943, in uno sperduto casolare di campagna, vivono Pietro e Lucia, insieme ad Alice, sorella di Lucia, sordomuta e affetta da una patologia psichiatrica. L`uomo è zoppo, ma riesce comunque a portare avanti il lavoro, quando un giorno, cercando di recuperare un secchio caduto in un pozzo, fa cedere il fondale dello stesso, liberando una strana luce. Il colore venuto dallo spazio, scritto da Lovecraft nel 1927, è uno dei racconti più importanti della carriera dello scrittore di Providence, che proprio qui vira da una dimensione tematica horror gotica ad una più fantascientifica. Per questo suo adattamento, Ivan Zuccon decide, invece, di riportare lo scritto ad una dimensione horror. E il cambio di titolo da Il colore venuto dallo spazio a Colour from the Dark diventa d’obbligo.
Non c’è nessuna meteorite venuta dalla spazio a scatenare l’orrore nel film: le origini del male restano vaghe. Forse riconducibili ad una dimensione demoniaca, ma senza mai essere esplicita. La cristianità, del tutto assente nei racconti di Lovecraft, prende in questo adattamento una forte consistenza. Merito dell`ambientazione rurale e italiana. Ed è proprio lo scontro tra il nostro Paese e la mitologia lovecrafiana che genera l’aspetto più interessante, tanto che la nostra cultura ne esce distrutta (si decide di affrontare qualcosa che si crede essere il demonio con metodi errati). La semplicità di pensiero dei protagonisti diventa una prigione e la terra che li sfama e protegge loro nemica. Pian piano, la brillantezza della vita si oscura, correndo verso una lenta dissolvenza in nero. L’orrore è inimmaginabile e non può essere sconfitto, proprio come la morte.
Zuccon riesce a dire tutto ciò con semplicità, senza annoiare, facendo suo Lovecraft e realizzando uno dei più riusciti adattamenti dallo scrittore di Providence. C’è da esser grati a Distribuzione Indipendente per aver portato in sala questo meritevole film. Resta da chiedersi perché agli spettatori non sia dato, se non dopo quattro anni, di poter godere di un simile titolo in grado di dimostrare come gli italiani siano ancora in grado di fare genere.
Marco Scali