L’angolo di Michele Anselmi

Pierfrancesco Favino, classe 1969, ormai zompa da un set all’altro. Quattro film solo nel 2022, intanto s’è visto il suo cammeo mascherato da Che Guevara in “Call My Agent” e ha già girato “Il Comandante” di Edoardo De Angelis e “Adagio” di Stefano Sollima. Che sia bravo è fuor di dubbio: versatile, poliglotta, in parte sia in ruoli drammatici sia in ruoli da commedia, a suo modo una star del cinema italiano, pure esportabile (più di Castellitto, Accorsi, Servillo e Scamarcio).

Oggi, venerdì 24 febbraio, Favino è volato a Berlino per presentare “L’ultima notte di Amore”, regia e sceneggiatura di Andrea Di Stefano, che passa al festival in una sezione non competitiva e sarà nelle sale il 9 marzo con Vision Distribution. Trattasi di poliziesco tosto e fosco, il titolo non tragga in inganno: è un gioco di parole tra amore e Amore, ovvero il cognome del protagonista.

Franco Amore è un ufficiale di polizia a un passo dalla pensione dopo 35 anni di onorato servizio, nel senso che gli mancano poche ore. Siamo a Milano, oggi. Di origine calabrese, una figlia ormai grande avuta dalla prima moglie, lo sbirro s’è risposato con la più giovane Viviana, la quale ha organizzato una festa a sorpresa per celebrare l’evento. Ma qualcosa non torna, si capisce subito. In tuta da jogging verde, Amore sembra stordito e distratto quando entra in casa dove tutti l’aspettano al buio; infatti il nastro viene subito riavvolto all’indietro con la tradizionale scritta: “10 giorni prima”.

Di Stefano, ex attore fattosi apprezzare come regista per il suo “Escobar” con Benicio Del Toro, 2014, conosce la grammatica del genere: asfalti traslucidi, una Milano notturna, uno sbirro che sembra un po’ tonto, innocuo, poco abituato a maneggiare la pistola, la rivalità poco nobile tra poliziotti e carabinieri, l’ombra della mafia cinese e della ‘ndrangheta sugli eventi funesti che porteranno Amore a tirar fuori le unghie, rivelando una grinta inattesa, nella speranza di farla franca dopo la notte infernale. Un fermo immagine sull’ultima scena lascia la vicenda aperta, forse…

Sul piano tecnico è ben congegnata la complessa scena d’azione sotto un tunnel, sulla strada che unisce l’aeroporto di Malpensa al centro di Milano. Accade di tutto, mentre sfrecciano le auto e nessuno sembra accorgersi di nulla, in quei pochi minuti. Cinque cadaveri restano sull’asfalto, solo Amore se la cava, ma non sarebbe dovuto essere lì.

“Se qualcosa può andar male, lo farà” recita la famosa Legge di Murphy, e non fa eccezione la strana “missione” al centro della storia. Di Stefano mischia il “poliziottesco” italiano alla Fernando Di Leo con certe livide atmosfere americane alla James Gray, distribuendo ai personaggi battute del tipo: “Vedi troppe minchiate in tv” o “Meglio un brutto processo che un bel funerale”. Può darsi che “L’ultima notte di Amore”, nel suo programmatico citazionismo da “crime story” spiegazzata, trovi un suo pubblico nelle sale, me lo auguro, ma a occhio funzionerà meglio quando passerà su Sky.

Favino, così cangiante fisicamente e vocalmente duttile, bordeggia qualche cliché nei panni del suo poliziotto fregato dal destino oltre che da equivoci commerci di famiglia; il contorno è fornito da Linda Caridi, forse la più brava in campo, Francesco Di Leva, il solito Antonio Gerardi nei panni del cattivo e Camilla Semino Favro. Molto si “droneggia” dall’alto, la colonna sonora è ansiogena, titoli di testa un po’ in stile Tarantino; che sia un omaggio al glorioso “Audace colpo dei soliti ignoti” l’imbocco della galleria vicino alla stazione?

Michele Anselmi