Al via la diciottesima edizione del MedFilm Festival, anello di congiunzione tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, favorendone la reciproca conoscenza e l’integrazione tra i popoli. E’ Lucio Battistotti, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, ad intervenire su questo punto sostenendo che: “l’Europa è anche cultura e vuole essere qualcos’alto oltre lo spoil system. (…) In un periodo in cui, oltre alla crisi economica, vi è anche una scarsa conoscenza delle diversità, il Medfilm Festival apre le finestre su cinematografie che altrimenti non potremmo conoscere, incoraggiando così il ritorno ai nazionalismi”. Nell’anno europeo dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà tra le Generazioni, il Medfilm Festival vuole affacciarsi prepotentemente nell’attuale scenario cinematografico attraverso un programma ricco ed eterogeneo che comprende 86 film, tutti  rigorosamente in lingua originale con sottotitoli, per dimostrare la sua tenacia nel promuovere un dialogo artistico e culturale tra paesi vicini geograficamente, ma spesso distanti per tradizioni e ideologie.

Divise tra lungometraggi, documentari e cortometraggi, le opere verranno valutate da un’apposita giuria che assegnerà rispettivamente i premi Amore e Psiche, Open Eyes e Methexis. Degna di nota è la giuria che eleggerà il miglior corto composta dalle Scuole di Cinema dei paesi partecipanti e dai detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia. Quest’anno l’ospite d’onore per la sponda nord sarà la Slovenia con 7 lungometraggi, 5 corti e 2 documentari, sigillando in questo modo gli accordi cinematografici bilaterali tra Italia e Slovenia. Particolarmente attiva dal punto di vista cinematografico fin dalla prima metà degli anni Novanta, la Slovenia intende raccontare il lungo processo di rinascita in seguito alla guerra trattando i temi della frontiera, dell’identità e della solitudine che hanno caratterizzato la Mitteleuropa.

A rappresentare invece la sponda Sud saranno il Marocco, la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto, la Turchia e il Libano. A un anno dalla primavera araba, tema fulcro della scorsa edizione, si indaga sul “dopo”. Abbandonati gli entusiasmi della rivoluzione si vogliono sottolineare tutte le contraddizioni che caratterizzano il Nord Africa e fare luce sulle similarità e le differenze di ognuno dei paesi che ne fanno parte, tutti però accomunati da un’aria di cambiamento che a stento si placherà.

Ad aprire la cerimonia di apertura la consegna del premio Koinè a Carlo Freccero per l’apporto culturale e l’impegno che l’attuale direttore di Rai 4 ha profuso nell’utilizzo di linguaggi innovativi e nella scoperta di nuovi talenti. A fare da cornice alle numerosi proiezioni saranno, di volta in volta, l’Auditorium Conciliazione, la Casa del Cinema e l’Istituto Cervantes. Un panorama gremito di interessanti proposte, dunque, quello del Medfilm Festival che proseguirà fino al 28 ottobre coinvolgendo ben 28 paesi dell’area mediterranea.

Ironia della sorte vuole però che, proprio al raggiungimento della maggiore età, l’evento rischi di chiudere i battenti per via della riduzione del 60% dei fondi rispetto lo scorso anno. Lo denuncia il Presidente Fondatore Ginella Vocca affermando che: “Quarantacinquemila euro per un anno intero di lavoro, mio e dei miei collaboratori, una cifra con cui abbiamo dovuto gestire ed organizzare tutto quello che vedrete. Trovo davvero assurdo che si debba lavorare in questo modo quando il Roma Fiction Fest ha avuto ben due milioni e mezzo di budget e il Festival di Roma addirittura dodici milioni. Alla luce delle cose posso dirvi che se le cose non cambiano probabilmente questa sarà l’ultima edizione del MedFilm Festival perché è impensabile che noi si accetti questo trattamento. La qualità del nostro lavoro non è diversa o inferiore dalla qualità del lavoro degli altri festival. Sono dell’opinione che questa disparità rechi un grosso danno all’accrescimento culturale del nostro territorio e che sia sinonimo di riduzione di posti di lavoro e di numero di spettatori”. A questo punto la domanda sorge spontanea: in un paese dove a parole ci si eleva come popolo evoluto e orientato verso il diverso ma, in cui, di fatto, l’integrazione resta ancora indietro rispetto a molte altre nazioni europee, qual è davvero il prezzo della cultura?

Stefania Scianni