L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
Va bene che con l’età ci si commuove anche per un involtino di carne ben fatto; e può darsi che, alla fine, anche “Mai così vicini” provochi in chi lo guarda, specie se avanti con gli anni o almeno a un passo dai sessanta, qualche lacrimuccia di tenera condivisione. E tuttavia da un regista come Rob Reiner, uno che in anni lontani firmò quasi l’uno dietro l’altro film come “Stand By Me”, “Harry, ti presento Sally”, “Misery non deve morire” e “Codice d’onore”, ti aspetteresti qualcosa di meglio, di più intenso, di meno languoroso. Ma forse, se chiami due divi un po’ al tramonto come Michael Douglas e Diane Keaton, classe 1944 il primo, classe 1946 la seconda, non può che venir fuori questa minestrina calda, che va giù morbida e saporita, specie nel secondo tempo, dopo che la coppia ha dato fondo a tutte le mossette richieste dalla confezione agro-dolce.
In fondo anche “Mai così vicini” rientra nel nuovo cinema delle “pantere grigie”, intese come anziani alla riscossa, di cui s’è parlato proprio su Cinemonitor dopo “Le Week-End”. E chissà che non vada meglio: l’atmosfera è più da commedia, non si narra l’asprigna resa dei conti di una stagionata coppia a un passo dalla separazione, semmai un nuovo inizio sentimentale, in quella fase della vita nella quale, almeno al cinema, si pensa di dover mettere i gingilli a riposo e avviarsi a una tiepida rassegnazione fisica.
Certo, Douglas e Keaton vanno sul sicuro. L’uno sempre più simile, invecchiando, al padre Kirk, quasi un sosia, anche a causa forse di qualche ritocchino; l’altra appena più larga di fianchi, ma coi soliti cappellini vezzosi, gli eleganti pantaloni ampi, le camiciole bianche e le scarpe senza tacchi. Nella finzione, lui è un insopportabile misantropo, tal Oren Little, esperto in vendite immobiliari, vedovo da non molto, sempre in lotta col mondo a cavallo della vecchia Mercedes cabrio bianca. Perfino portare i fiori sulla tomba della moglie amatissima, in cima a una collinetta, gli costa fatica; figurarsi non maltrattare il genere umano. Vestito da venditore provetto, sta provando a liberarsi per 8 milioni e 600 mila dollari, non un centesimo di meno, della sontuosa villa dove ha vissuto per anni con consorte e figlio. Il prezzo è troppo alto, ma lui non demorde: poi andrà in pensione da qualche parte nel Vermont.
Intanto ha affittato quasi tutti gli appartamentini di un complesso di sua proprietà, “Little Shangri-La”, piazzato sulla costa, stipando nel suo mobili e ricordi della precedente esistenza coniugale. Oren detesta la comunità gentile e sorridente che gli vive attorno, specie la vicina Leah, anch’essa vedova da poco e aspirante cantante jazz da pub. Appena intona qualche “evergreen” la donna si mette a piangere per l’emozione, lasciando il trio che l’accompagna, pilotato dallo stesso Reiner con parrucchino, nella disperazione.
Scommettiamo che i due vedovi, dopo essersi stuzzicati in ogni modo, finiranno col piacersi, anche parecchio? Specie dopo che Oren si ritrova in casa, a sorpresa, una nipotina che non sapeva di avere: la piccola Sarah, vivace e bellissima, è vista come una scocciatura da sbolognare in attesa che il padre, ex tossico, saldi il debito con la giustizia. Chi meglio di Leah, che non ha mai avuto figli, per farle fare da “nonna”?
“Mai così vicini”, l’avrete capito, non rinuncia a nessun luogo comune di un genere che potremmo definire “Non è mai troppo tardi”. Lui antipatico e sferzante, politicamente scorretto e menefreghista; lei tenera e afflitta, decisa a rimettersi in gioco come artista ma insicura sulla propria bellezza («Il reggiseno non me lo levo» dirà la prima volta che finiscono a letto insieme); la nipotina, interpretata da Sterling Jerins, che fa da collante tra i due vicini di casa e scioglie il cuore in inverno del nonno legittimo.
Doppiati da Rodolfo Bianchi e Melina Martello, le due star giocano a rimpiattino sapendo che andrà a finire bene, con un bel barbecue di fronte al mare, dove tutta la piccola comunità finalmente vivrà in lieta armonia, senza dimenticare il passato ma accettando il futuro. Battuta azzeccata: «Ho 65 anni» fa lei, sperando in un complimento. «Ho venduto case più vecchie e in peggiori condizioni» è il complimento secondo lui.
Michele Anselmi