“Miss O’Dell. I miei anni rock and roll insieme a Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan, Eric Clapton e le donne che hanno amato” (Caissa Italia) è il titolo di un libro sul grande rock che non assomiglia a nessun altro. Lo ha scritto Chris O’Dell, che è stata assistente e facilitatrice di grandi band per poi arrivare a gestire le tournée di alcune delle più grandi leggende del rock e non solo. Tra le tante, Eric Clapton, CSNY, Santana, Led Zeppelin, Grateful Dead, Frank Zappa, Queen, Fleetwood Mac, Earth, Wind and Fire, Linda Ronstadt, John Denver, Phil Collins, E.L.O., Echo and the Bunnymen, Angelo Branduardi. Ecco cosa ci ha detto del suo libro.
Miss O’Dell, la sua vita sulle spalle dei giganti diventa per forza di cose la storia del rock più autentica che sia possibile leggere. Quando ha iniziato a rimettere ordine nei suoi ricordi e come ha lavorato con Katherine Ketcham?
Chris O’Dell: Una volta che, insieme a Kathy, abbiamo definito lo schema del libro, ci siamo incontrate di persona e parlato del progetto in generale. Avevo già scritto molte pagine dei miei ricordi negli ultimi vent’anni perché ho sempre avuto l’idea di condividere la mia storia. Poi Kathy si è messa al lavoro sulle centinaia di pagine che avevo scritto e ha iniziato a farmi domande più puntuali su varie situazioni vissute, chiedendomi di approfondire le mie risposte. Abbiamo svolto questo lavoro per e-mail e, durante l’anno che abbiamo impiegato per scrivere il libro, ci siamo incontrate di persona soltanto tre volte. Penso che, in questa fase, uno degli aspetti più complessi per Kathy – che è una scrittrice molto qualificata – sia stato quello di trovare “la mia voce”. Ma penso che lei sia riuscita nell’intento in maniera egregia. La cosa interessante che ho imparato è che avevo questi brevi ricordi come piccole vignette che sono state immagazzinate nel mio cervello; ad esempio, mi riferisco alla storia di James Taylor. Era quasi come se avessi un film nel cervello che riproduceva per intero quella scena e soltanto così ha avuto una sua conclusione. Questo si potrebbe dire di quasi tutti i capitoli del libro in realtà.
Non solo perché hanno come protagonisti i più grandi musicisti del Ventesimo secolo e oltre, ma i vari capitoli che compongono il libro mi sembrano inoltre tappe di un percorso di autoaffermazione straordinario oltreché una prova della determinazione e della sensibilità femminile in un momento in cui il rock è quasi esclusivamente maschile. Possiamo parlare di questo?
Chris O’Dell: Innanzitutto grazie mille per la tua sensibilità nell’aver notato che ero una donna che, fondamentalmente, lavorava in un mondo di uomini. Come prima tour manager donna, in effetti, ho dovuto lottare non poco per portare a termine le cose. Penso che descriverei il mio lavoro durante quegli anni, da quando stavo con i Beatles alla fine dei miei giorni in tour, come fortemente basato sulle mie qualità femminili, come l’intuizione, la compassione e la fiducia nel mio istinto. Ciò che probabilmente mi ha dato un certo successo è stata la mia capacità di sapere cosa le persone avrebbero voluto prima che lo volessero. Non ho mai avuto problemi con i musicisti con cui ho lavorato. Penso che abbiano apprezzato il modo in cui ho svolto il mio lavoro e anche il fatto che mi sono sempre relazionata con loro come esseri umani e non come rockstar. Se ho avuto problemi in tutti quegli è stato con i road manager ai quali decisamente non piaceva prendere ordini da una donna. Ho imparato da me stessa nel corso degli anni che ho la capacità di capire rapidamente le persone e di relazionarmi con loro nel modo giusto per loro. Suppongo che questo sia il motivo per cui in seguito sono diventato un terapista della salute mentale.
Qual è tra i moltissimi ricordi che mette nero su bianco nel libro quello che significa di più per lei oggi?
Chris O’Dell: È difficile rispondere. Capire quale ricordi significhino di più per me ora è quasi impossibile. Ogni ricordo ha uno speciale posto nel mio cuore, anche alcuni di quelli imbarazzanti. Naturalmente, la storia ha finito per dare una enorme rilevanza al concerto dei Beatles sul tetto, dunque quello è un ricordo che riaffiora spesso nelle mie conversazioni di oggi. All’epoca però non lo percepivo certo vedevo come quel momento storico che in effetti è diventato. La registrazione di “Hey Jude” è un altro ricordo che mi torna in mente abbastanza spesso perché sento la canzone alla radio. Posso sicuramente dire che all’amicizia e al tempo che ho passato con Patty e George Harrison sono legati alcuni dei ricordi più cari che ho.
Leggendo i suoi racconti si ha l’idea che per almeno un decennio dalla fine degli anni Sessanta, insomma proprio da quando lei parte dagli Stat Uniti per Londra, le cose succedessero davvero, che fossero reali…
Qual è il suo rapporto con la nostra contemporaneità in cui nulla sembra accadere (e in cui un disco non dura più di un mese)?
Chris O’Dell: Devo dire con grande umiltà che non sono proprio all’altezza di dare giudizi sulla musica di oggi. Mio figlio, che ora ha 35 anni, mette spesso la musica che ama e mi ha persino portato a un paio di concerti, principalmente di musica elettronica dance. Non mi piace. Apprezzo l’arte e la creatività delle generazioni più giovani, ma oggi, però, la musica che ascolto è principalmente rhythm and blues, Motown e occasionalmente musica dei Beatles o rock, rock classico nello specifico. C’è così tanto là fuori in questi giorni, lo trovo travolgente…
Negli anni Sessanta ero una fan dei Beatles che ha avuto la fortuna di entrare nel loro mondo e poi ha lavorato con alcuni dei più grandi musicisti della sua generazione. Ho scritto questo libro perché sapevo che c’erano milioni di persone a cui sarebbe piaciuto essere al mio posto e che avrebbero voluto sentire com’era vivere quell’epoca da chi l’ha vissuta. Oggi, quando guardo indietro a quegli anni, anch’io faccio fatica a credere di essere stata al centro di tutto di quella musica meravigliosa, insieme a persone fantastiche e in uno dei momenti più straordinari della storia.