L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
Non sarà un capolavoro, è piuttosto prevedibile, specie nel finale. Tuttavia “Money Monster – L’altra faccia dei soldi” fila via veloce, tutto d’un fiato, e non guardi mai l’orologio. Già molto, di questi tempi. Fuori concorso a Cannes e subito nelle sale italiane (dal 12 maggio), il film diretto da Jodie Foster, il suo quarto a non voler contare le regie televisive per serie come “House of Cards” e “Orange is the New Black”, intreccia due generi squisitamente americani: giornalismo televisivo “spazzatura” e sequestro di ostaggi per disperazione.
L’attrice ingaggia per l’occasione due star del calibro di George Clooney e Julia Roberts e li rinchiude in uno studio televisivo, dove da anni si mette in scena un programma intitolato, appunto, “Money Monster”, pilotato da un imbonitore milionario, tal Lee Gates, che, tra balletti kitsch e canzoncine fesse, offre “consigli” su come investire i soldi. «I nostri soldi non sono altro che fotoni che volano alla velocità della luce», cioè immateriali, teorizza; e vallo a dire a chi, fidandosi di lui, scelleratamente, ha puntato tutto ciò che aveva sulle azioni, date per sicure, di una società chiamata Ibis Clear Capital. D’un tratto, a causa di una falla, un “glitch”, nell’algoritmo congegnato da un tecnico coreano di Seul, 800 milioni di dollari si sono volatilizzati; 60 mila dei quali, provenienti da un’eredità, appartenevano a un giovane operaio, prossimo papà, tal Kyle Budwell, deciso a vendicarsi. Come? Sputtanando in pubblico l’uomo che considera alla base della sua bancarotta, cioè Lee Gates.
Avrete capito. Giaccone proletario e pistola alla mano, Kyle irrompe con uno stratagemma nel programma in diretta, sequestra l’imbonitore e gli piazza addosso un giubbetto carico di esplosivo, mentre la polizia si mobilita per farlo secco con un cecchino e la regista Patty Fenn, da dietro la consolle, le prova tutte per non far accadere il peggio, quasi improvvisandosi negoziatore. «Non facciamo giornalismo sporco. Anzi, non facciamo giornalismo. Punto» aveva ironizzato la ruvida donna all’inizio del film; ma poi, nella migliore tradizione yankee, il buon giornalismo d’inchiesta si riprende la scena, stringendo d’assedio il capitalista quotato in borsa alle prese con traffici illeciti in Sudafrica.
Siamo, per schematizzare un po’, tra “Quel pomeriggio di un giorno da cani” e “Quinto potere”, ambedue del sempre rimpianto Sidney Lumet, con una punta di “Inside Man” di Spike Lee; anche se Jodie Foster aggiorna il suo Big Carnival mediatico-newyorkese alle insidie velenose dell’economia finanziaria, alle manovre disinvolte di società dette in gergo “maiali con lo smoking”.
Naturalmente George Clooney e Julia Roberts, doppiati dai consueti Francesco Pannofino e Cristina Boraschi, incarnano i due protagonisti: lui vanesio e superficiale, lesto a sparare cazzate in tv senza riflettere sulle conseguenze nefaste delle sue “previsioni”, salvo poi redimersi nell’incontro con quel poveraccio; lei concentrata e disillusa, ma decisa a non farsi sopraffare dagli eventi, anzi a guidarli pericolosamente perché emerga la verità ingombrante. In mezzo c’è Kyle, “il bombarolo” disperato, perdente, irriso perfino dalla moglie incinta, al quale Jack O’Connell conferisce il giusto fisico del ruolo.
Scritto da Alan DiFiore, Jim Kouf e Jamie Linden, “Money Monster” (il titolo si ispira al vero show “Mad Money”) arpeggia sulla tastiera classica: incipit grottesco, sequestro, assedio, clima adrenalinico, il tutto ripreso dalla tv in una sorta di maratona che esce dallo studio e prosegue per strada, in piena Wall Street. Tutto già visto, più o meno, qualche raccordo non torna, l’inizio è un po’ fuori fuoco, ma il film si vede volentieri, la tensione sale, alla fine stai al gioco pur sapendo che qualcuno ci rimetterà la pelle. Poco consigliabile ai piccoli azionisti truffati dalle quattro banche italiane salvate dal governo Renzi (e non solo da quelle).
Michele Anselmi