L`angolo di Michele Anselmi | Pubblicato su Il Riformista

Doveva uscire il 4 marzo 2011, poi a giugno, a luglio, infine chissà. Alla fine “Monsters” è ricomparso alla chetichella una settimana fa: poche sale in tutt’Italia prima dell’infornata natalizia, e vai a sapere se quando leggerete queste righe si potrà ancora vederlo da qualche parte. Classico vaso di coccio tra i veri cine-mostri di questo Natale. Magari rifatevi col dvd appena uscirà. Peccato. Perché la distributrice One Movie aveva visto giusto nello sceglierlo dopo un passaggio al festival di Locarno 2010. Pensate: un film di fantascienza girato con meno di 1 milione di dollari. Così vuole la leggenda. Fossero anche 2, sarebbe comunque un miracolo. 

Non pensate a frescacce gonfiate dai media, e alla fine redditizie, come “The Blair Witch Project” o “Paranormal Activity”. L’inglese Garet Edwards, classe 1975, un passato come esperto di effetti speciali visivi per Discovery Channel e Bbc, ha messo il proprio talento al servizio di una storia che gioca con la fantascienza aliena per parlare d’altro. In fondo “Monsters” è una storia d’amore travestita da horror, infatti dei mostri presto non ti importa più nulla, se non nell’epilogo quasi magico, dai toni forse spirituali, ambientato nottetempo in quella pompa di benzina texana, quando tutto sembra sistemato.


Pure montatore e operatore, oltre che regista e creatore dei trucchi computer graphic, Edwards ha rivelato che l’idea del film gli venne durate una vacanza, quando vide un gruppo di pescatori alle prese con un enorme polipo impigliato in una rete, mentre un altro gruppo rideva divertito. Come sia arrivato a “Monsters” partendo da lì, resta un mistero, però è un fatto che a Hollywood si sono accorti di lui, al punto da offrirgli di girare, ad alto budget, un nuovo “Godzilla”. Speriamo che i soldi non lo rovinino.

Due soli personaggi, troupe di quattro persone, riprese al risparmio in Guatemala, Messico e Belize, comparse locali che non capivano cosa stessero facendo, i mostri tentacolari e polipeschi naturalmente aggiunti in post-produzione. Si immagina che una sonda artificiale, inaspettato habitat di microrganismi alieni, si schianti al confine tra Messico e Stati Uniti. Sei anni dopo quelle forme di vita elementari si sono adattate, evolvendo in creature mostruose. I governi chiudono le frontiere, un muro alto così divide i due Paesi, la zona infetta va evacuata alla svelta e naturalmente si specula sulle foto dei bimbi straziati dalle bestiacce e sui mezzi di trasporto: 5.000 dollari per prendere l’ultimo traghetto, oppure bisogna aspettare sei mesi.

In questo contesto allarmante, la bella e indocile Sam, figlia di un magnate americano, si ritrova a fare fotografie in Messico, forse per sfuggire a uno stanco fidanzamento. Per recuperarla il preoccupato papà manda un reporter piuttosto cinico e disinteressato, ma durante l’avventuroso viaggio di ritorno tra i due nasce un curioso legame, un po’ alla maniera di “Accadde una notte”. Il resto? Sorpresa. Whitney Abel e Scoot McNairy, all’epoca delle riprese erano fidanzati davvero. Poi si sono mollati. Strano che Hollywood  non si sia ancora accorta di lei: in short, canottiera rossa e caschetto biondo è una delizia.   

Michele Anselmi