Sound & Vision

Due paia di Converse logore corrono a perdifiato lungo Princes Street, Edimburgo. Le forze dell’ordine sono sempre più vicine. L’incalzante Lust For Life di Iggy Pop è la canzone perfetta per un momento come questo, un inno punk per due tossici che hanno eretto il piacere a personale imperativo categorico. “Scegliete la vita”, afferma la voce fuori campo di Mark Renton (Ewan McGregor), lasciandosi andare ad un monologo tanto anticonformista quanto autodistruttivo. L’eroina diventa lo strumento perfetto per evadere dalla buia coltre del capitalismo calata sulla Scozia degli anni Novanta.
Così iniziava “Trainspotting”, film di culto del 1996 girato da Danny Boyle e basato sull’omonimo romanzo dello scrittore pulp Irvine Welsh (che appare in un cameo). Poche pellicole riescono a raccontare un periodo storico tramite il linguaggio audiovisivo con la stessa intensità e potenza: Boyle dà voce ad una generazione emarginata, alienata e delusa dal neoliberismo thatcheriano. Una generazione che paga sulla propria pelle il taglio della spesa sociale imposto dal lontano governo di Londra. Una generazione costretta a fare i conti con due epidemie: HIV ed eroina. Lo spettatore assiste tramite gli occhi dei personaggi ai repentini cambiamenti sociali che hanno caratterizzato gli ultimi anni del Secondo millennio. Tutto in Gran Bretagna stava mutando drasticamente. Il successo del brit pop reazionario in stile Oasis spazzava via un decennio di sperimentazioni underground; l’avvento del New Labour di Tony Blair riaccendeva le speranze, presto deluse, di un ritorno alla socialdemocrazia; le nuove droghe sintetiche trasformavano in zombie i giovani e mutavano l’utopia psichedelica degli anni Sessanta in una pericolosa forma disillusa di nichilismo. I Beatles rimpiazzati dal suicidio di Cobain.
Grazie ad una selezione musicale efficace quanto eterogenea, Boyle commenta anche i momenti più sperimentali della pellicola. Attingendo a piene mani da generi radicali come punk, techno e new wave, il regista riesce a cristallizzare perfettamente l’immaginario sonoro degli anni Novanta. Oltre ad aprire la pellicola con il pezzo più famoso del leader degli Stooges, il cineasta utilizza anche una collaborazione di Iggy con David Bowie dal titolo Nightclubbing. La melodia sognante di Deep Blue Day di Brian Eno, il padrino della musica ambient, inghiottisce Mark Renton alle prese col “peggior gabinetto in Scozia”. Il rock di Atomic degli Sleeper esplode diegeticamente dall’impianto di una discoteca quando il protagonista decide di riscoprire la sua vita sessuale. C’è spazio anche per il trip-hop ondeggiante di Trainspotting dei Primal Scream e per gli echi shoegaze di Sing dei Blur, band del carismatico Damon Albarn. I New Order, gli epigoni dei Joy Division, vengono canticchiati dalla minorenne Diane dopo aver sedotto Renton. Le struggenti parole di Perfect Day di Lou Reed stridono con l’overdose comatosa del protagonista. La techno martellante di Bedrock e KYO stordisce lo spettatore, nauseato quanto il febbricitante Mark alle prese con un limbo di visioni infernali generate dall’astinenza dall’eroina. Il pastiche eurodance di Think About The Way viene associato ad un frenetico montaggio di immagini che mostra la dinamicità di Londra all’indomani del nuovo millennio. Final Hit dei Leftfield viene udita extradiegeticamente, non a caso, quando il protagonista decide di iniettarsi l’ultima dose. Le maestose pulsazioni elettroniche di Born Slippy accompagnano il sorriso progressivamente fuori fuoco di Renton nell’ultima sequenza della pellicola, dopo che il protagonista ha definitivamente tradito i propri amici. Ha “scelto la vita” una volta per tutte. Forse.

Gioele Barsotti