Dai racconti dei migranti arrivati in Italia all’inizio del terzo millennio, Luca D’Ambrosio ci accompagna in un viaggio alla scoperta delle musiche del continente africano. Pubblicato da Arcana, “Musica migrante. Dall’Africa all’Italia passando per il Mediterraneo” non assomiglia a nessun altro libro che avete letto. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Una delle molte qualità di “Musica migrante. Dall’Africa all’Italia passando per il Mediterraneo” è quella di essere due libri in uno. Da una parte un reportage sulla migrazione attraverso squarci antropo-emotivi e ritratti, dall’altra una vera e propria storia della musica africana. Come si legano, nella tua concezione, queste due anime?
Luca D’Ambrosio: La seconda parte del libro (la musica) è in qualche modo una diretta conseguenza, un effetto o, meglio ancora, un’estensione della prima (le storie). L’idea iniziale era quella di mescolare le vicende personali, quasi sempre dolorose, dei migranti sbarcati in Italia con i loro gusti musicali. Una volta che ho terminato le interviste mi sono accorto però che quelle informazioni raccolte in ambito musicale e culturale non erano sufficienti per far comprendere davvero la “musica africana”, per cui ho pensato di approfondire l’argomento tracciandone gli aspetti principali (caratteristiche, strumenti, generi, artisti, mercato…) dalle “origini” fino “ai nostri giorni”. Naturalmente non è la storia completa ed esaustiva delle tante musiche provenienti dal continente africano ma soltanto un modo – almeno spero – per cercare di capirne l’importanza e stimolarne l’approfondimento, altrimenti avrei dovuto pubblicare un’enciclopedia.

Puoi spiegarci come nasce la tua passione per la musica africana e quali sono gli strumenti analitici che hai usato in fase di stesura, considerando anche la scarsezza di una bibliografia sull’argomento, almeno in lingua italiana?
L.D.: In realtà io sono un appassionato di musica, più precisamente, di popular music. Se poi ami il blues, il rhythm and blues, il rock and roll, il soul, il funk e l’hip hop (così, giusto per fare qualche nome) non puoi fare a meno di amare anche l’afrobeat, l’highlife, la rumba congolese, il tishoumaren e tante altre musiche africane. Per quanto riguarda invece la bibliografia italiana sull’argomento hai ragione, non è affatto esaustiva, per cui ho dovuto consultare soprattutto testi in lingua inglese e francese.

Come ha inciso la facilità di accesso al patrimonio musicale condiviso, penso ad esempio a YouTube, e in generale la digitalizzazione globale nello sviluppo della musica africana contemporanea?
L.D.: È indubbio che l’accesso a Internet e la digitalizzazione globale abbiano stravolto l’intero sistema novecentesco al quale eravamo abituati. Stravolgimenti che hanno investito ogni aspetto della nostra vita: economico, sociale e culturale. È facile intuire dunque che questa situazione ha prodotto un cambiamento epocale determinando, molto spesso, un vantaggio per alcuni (“nuove realtà”) e uno svantaggio per altri (“vecchie realtà”). Un cambiamento che tuttavia, in mancanza di un solido background, ha prodotto anche approssimazione e confusione. Per rispondere alla tua domanda, credo che la facilità di accesso al patrimonio musicale e culturale tramite canali come, per esempio, YouTube, sia per tutti una grande e ulteriore opportunità di conoscenza. Ma come sempre bisogna fare attenzione a non limitarci a ciò che ci offre la Rete soprattutto nell’immediato, cercando di approfondire il più possibile l’argomento e le informazioni ricavate.

In che modo hai lavorato a questo progetto con Arcana?
L.D.: Quando ho proposto ad Arcana l’idea di questo libro e ho firmato il contratto editoriale ancora non avevo scritto nulla. L’unica cosa che avevo ben chiara nella mente era il titolo: Musica migrante. Dall’Africa all’Italia passando per il Mediterraneo. Quindi credo si siano fidati di me, delle mie competenze e del mio modo di lavorare. D’altronde fiducia, rispetto e professionalità sono aspetti importanti di qualsiasi rapporto sociale e lavorativo. C’è da dire però che dal momento in cui ho iniziato a buttare giù le prime bozze del libro fino al giorno della consegna, il loro supporto è stato continuo e importante.