Mi presento, Francesca De Lisi, studentessa di Sceneggiatura al primo anno del Centro Sperimentale, sede di Roma. A quei pochi soggetti che sono a conoscenza di questo lab – e se sono tanti chiedo venia, ma nella nostra scuola l’iniziativa non è stata proprio promossa a dovere – vorrei dare il mio punto di vista sull’iniziativa, senza dubbio interessante.

 Un problema in primis: perché si tratta di un laboratorio rivolto solo a produttori e registi? Questa cosa, essendo io un’aspirante sceneggiatrice, si è sentita moltissimo durante lo svolgersi degli incontri e per una serie di motivi. Perché il primo incontro che abbiamo avuto con Mark de Cloe era l’incontro con un autore, che ci ha illustrato le strategie produttive del suo film, LIFE IN ONE DAY, quest’anno presente al festival, in una sezione non competitiva. Perché successivamente abbiamo incontrato il produttore Cedomir Kolar Che si è acceso positivamente nel ricordare il pitch fattogli da un regista e dal suo produttore al Cinelink del festival di Sarajevo, che lo ha convinto a finanziare quest’opera prima. Perché sono seguiti gli incontri con i francesi, ed in particolare con Georges Goldenstern, direttore de LA RESIDENCE, un progetto di sviluppo di sceneggiature, in cui 12 registi all’anno sono chiamati a risiedere nello stesso appartamento, a Parigi, e finanziati per potersi dedicare unicamente alla scrittura del loro progetto. 

Gli sceneggiatori non sono categoria presa in considerazione. Tutti hanno un grande ego nel cinema, persino gli autisti hanno il loro, ci ha detto, facendoci ridere tutti Cedomir Kolar e forse anche io avevo il mio, mentre mi agitavo sempre di più sulla sedia, durante questi incontri. O forse pensavo al fatto che questi incontri non andavano a favore di una collaborazione che invece a parole sembra tanto promossa. 

Non basta che i registi (un poco a mio avviso come gli architetti) siano sempre più simili a delle star, non basta la dicitura un film di, che viene utilizzata spesso anche dagli esordienti, o che la scuola di Cinema Nazionale sia in toto registocentrica. No, a quanto pare non basta, bisogna che ci si metta anche il laboratorio a ricordarci l’ipocrisia di un sistema in cui ci dicono che dobbiamo collaborare e poi si parla così. Si parla così e poi ci raccontano che c’è proprio una gran fame di storie belle. Ma va? 

Lascio da parte il rancore per chiedermi quale sia il vero talento dei cosidetti autori – i soli registi che vale la pena di essere, in questo sistema malato. Ebbene mi pare che debba essere la costanza. Perché se davvero una storia l’hai pensata e sudata, l’hai fatta uscire dai tuoi ricordi e dai tuoi sentimenti e poi l’hai scritta e limata e riscritta, e difesa e ripetuta e venduta, – trascorrendo così forse un anno, forse più – devi avere davvero una gran costanza per svegliarti ogni mattina, per tre, quattro, cinque settimane di riprese e sapere quello che devi fare. Devi avere davvero una gran costanza per ricordarti, ogni volta che studi un’inquadratura, ogni volta che dirigi gli attori, qual era il sentimento che quella storia ti ha spinto a scriverla. Perché, a mio avviso, solo così farai un film potente e senza sbavature. Film siffatti io ne vedo sempre meno in un’epoca in cui la costanza è appannaggio di pochi e di quasi nessuna istituzione. 

Se agli altri ruoli si suggerisse atteggiamenti simili a quelli a cui si invitano i registi, allora sì che sarebbe il caos! Provate a immaginare… questo mondo apocalittico dove il set va in frantumi perché proposte più allettanti del “girare il film di un altro” vengono fatte al produttore; dove gli attori non hanno battute – che gli sceneggiatori hanno preferito scrivere un libro – e allora recitano le loro storie, pescandole dalle proprie esperienze, ma tanto nessuno li riprende, che direttore della fotografia e operatore hanno girato la macchina da presa nella direzione opposta, che hanno il potere di farlo, anche loro, e magari hanno deciso che quella vecchina minuscola e lenta che sale i gradini di piazza di Spagna per loro rappresenta molto di più che le Campanilesche battute alla Manale di Conversazione, che si sciorinano sul set. Avanguardia o sfacelo? La risposta e i miei omaggi agli autori costanti.

 Francesca De Lisi