Magari non celebri come gli americani Barrymore e Carradine, i Bava costituiscono una delle dinastie più longeve del cinema (non solo) del Belpaese. Ad un maestro del fantastico e codificatore – per primo – del thriller all’italiana come Mario si affiancano, in un arco temporale che parte dal 1900 e arriva fino ad oggi, il padre Eugenio, il figlio Lamberto e il nipote Fabrizio, più noto come Roy. Se la trattatistica su Mario Bava (1914 – 1980), dopo decenni di critica con la puzza sotto al naso o meglio con gli occhi coperti di cemento, ormai è cresciuta a dismisura fino e ancora oltre il definitivo (ma costosissimo) All the Colors of the Dark di Tim Lucas, a mancare all’appello ero un libro in grado di inquadrare il lavoro di questa famiglia di artigiani-autori in senso globale.

la-famiglia-bavaA colmare il vuoto ci pensa La famiglia Bava – Cento anni di cinema (Profondo rosso editore, 2016), scritto da Luigi Cozzi, con la collaborazione di Marco Chiani e Fabio A. Familiari, un volume che sceglie, apparentemente, di separare le quattro generazioni per cercare invero una comunanza di intenti, soprattutto nella metodologia di approccio alla settima arte. Va da sé che il grosso del volume sia occupato dalla trattazione dell’opera di Mario, prima eccellente direttore della fotografia e poi autore di capolavori come La maschera del demonio, I tre volti della paura, Sei donne per l’assassino, Operazione paura, Lisa e il diavolo; Cozzi racconta i suoi incontri con il regista, svela più di un retroscena del cult Diabolik, dimostra ancora la sua ammirazione, licenziando un ritratto, anche se trasversale, in grado di rendere il senso dell’opera di un genio del fantastico. Probabilmente più estesa poteva essere la sezione dedicata a Lamberto Bava, cineasta generalmente meno apprezzato di quanto meriterebbe; da recuperare, tra i suoi molti titoli, almeno Macabro, Demoni, Body Puzzle e Ghost Son.

Tra i momenti più interessanti del libro c’è il ritratto di Eugenio Bava, curiosamente entrato in contatto con la Pathè Film, grazie alle sue doti di scalpellino, in una notte ligure d’altri tempi che varrebbe da sola un romanzo. La quarta generazione, Roy Bava, è affrontata con una lunga intervista all’interessato, aiuto regista di serie A e regista del promettente Gemelle.