Mentre sto girando un nuovo film, titolo Anita B., che racconta la sfida di una adolescente nel primo dopoguerra di fronte a un mondo ostile e a un amore burrascoso, mi rendo conto che il cinema sta davvero mutando pelle. L’avvento del digitale rende obsoleta ogni formula produttiva sinora valida. Sono cambiati i ritmi di lavorazione e mentre sino a pochi anni fa si girava con una sola cinepresa, ora io ne uso sempre due contemporaneamente e a volte anche tre. Quando si usava la pellicola e gli americani non avevano ancora inventato la Red, era già portentoso girare una decina di inquadrature al giorno. Oggi la media che seguiamo in questo film è quotidianamente di una trentina. Per cui alla fine delle riprese avrò portato a casa quasi un migliaio di inquadrature. Una enormità, se confrontate con i giornalieri di soli pochi anni fa.
Tutto ciò si riflette naturalmente sul montaggio. Il montatore si trova infatti di fronte a una mole imponente di materiale, il che renderà il montaggio più ricco di tagli ma anche più laborioso e complesso. Il digitale ha annullato una serie di consuetudini decennali: niente più proiezioni per vedere i giornalieri, che adesso si controllano in tempo reale mentre si gira. Niente più lavoro sul colore in laboratorio, ma direttamente sul set. Nascono anche nuove professionalità, vedi il DIT (digital imaging technician), che sostituisce in parte il tecnico del laboratorio e che dal suo computer assiste il direttore della fotografia, intervenendo mentre giriamo sul colore, sulle focali, sui trucchi propri del digitale, inclusi gli effetti digitali che verranno poi perfezionati e raffinati in postproduzione.
Insomma il cinema non è più lo stesso e sta cambiando a ritmi così vertiginosi che nessuno è davvero in grado di prevedere cosa diventerà non dico sul medio periodo ma neppure sul breve. Stiamo parlando delle fasi produttive, ma in realtà gli stessi cambiamenti investono l’universo della fruizione dei film, dalla distribuzione all’esercizio, di cui si parla poco ma che sono destinati a una trasformazione ancora più radicale, grazie al Web che presto la farà da padrone.
Roberto Faenza