L’angolo di Michele Anselmi

Gira su Netflix, ma bisogna cercarlo, un piccolo film indipendente americano intitolato “Strange Weather”. L’ha scritto e diretto nel 2016, portandolo in vari festival, la regista Katherine Dieckmann, a lungo collaboratrice dei R.E.M. e autrice di tre lungometraggi. Credo che questo non sia mai uscito nelle sale italiane, e magari posso capire il perché; tuttavia mi pare meriti un po’ d’attenzione, specie se siete donne, perché il film sfodera una sensibilità particolare nel raccontare una sofferenza materna, pure una condizione umana femminile.
La regista ha costruito la storia attorno al fisico asciutto e nervoso, quasi scarnificato, di Holly Hunter, classe 1958, che diventò famosa all’epoca di “Lezioni di piano” e ha continuato a fare scelte non banali, forse solo più sfortunate.
Gran massa di capelli biondi, cappello di paglia da cowboy, canottiera e jeans, l’attrice incarna la cinquantenne Darcy Baylor, che tira a campare in una cittadina nel nord della Georgia. Non piove da mesi, i raccolti sono a rischio e lei sta forse per essere licenziata. Sette anni prima il figlio ventiquattrenne si suicidò con una colpo di pistola senza lasciare neanche un biglietto, e adesso lei si rigira tra le mani quella Colt 45 con un proiettile dentro. Darcy custodisce una solidale amicizia con la vicina di casa Byrd, diventata lesbica dopo una gioventù etero; e ogni tanto finisce a letto con il finto-rude Clayton che vorrebbe impegnarsi.
Una scoperta inattesa, non dirò quale, attiva nella donna una specie di ossessione, unita al bisogno di capire perché il figlio Walker si sparò. Per saperne di più bisogna arrivare fino a New Orleans, dove vive, ormai ricco e lanciatissimo nel mondo della ristorazione, un certo Mark Wright, che fu l’ultimo a vedere vivo il suicida.
“Strange Weather” non è un “revenge movie”, insomma una storia di vendetta, anche se quel revolver dentro la borsa lascia prevedere qualcosa di funesto. Ma, in attesa della resa dei conti, sempre che ci sia, alla regista interessa più pedinare per le strade dalla Georgia alla Louisiana questa mamma irrisolta e ribelle, fragile e tosta, ancora incapace di fare i conti con la morte del figlio, vissuta come una “colpa”. Holly Hunter, nei gesti, nella pronuncia, nella durezza di certe reazioni, molto connota il personaggio, tipico da “drammaturgia sudista”, senza preoccuparsi di renderlo amabile. Anzi, a volte sembra fare di tutto per risultare odiosa, perfino all’amica Byrd, interpretata dalla brava e bella Carrie Coon, che ha deciso di accompagnarla sul vecchio pick-up senza aria condizionata.
“Strange Weather” vuole farci sentire il calore della siccità, il sudore sotto le ascelle, l’irresolutezza ipocrita di certi maschi, le strane forme della solidarietà femminile, pure una sensualità distratta e sbadata. Certi passaggi appaiono scontati, come già visti, ma il sottofinale in quel campo di cotone, sotto l’acqua spruzzata da un gigantesco irrigatore, suona davvero bello: realistico e simbolico allo stesso tempo, un benefico lavacro.

Michele Anselmi