Sound & Vision
1977. La Guerra fredda dilaga. Il cielo sopra Berlino è plumbeo. La città dilaniata da attentati terroristici. Una studentessa americana entra a far parte di uno dei corpi di ballo più prestigiosi al mondo. I sogni si trasformano in incubi, nulla è ciò che appare. Un manipolo di streghe infesta la scuola di danza situata davanti all’imponente facciata grigia del muro di Berlino.
Questa è la cornice che fa da sfondo agli eventi di “Suspiria”, film del 2018 diretto da Luca Guadagnino, remake sui generis del cult assoluto di Dario Argento. Il regista palermitano dona nuova linfa vitale alle idee che hanno reso celebre la pellicola del maestro del brivido, ispirandosi liberamente alla sceneggiatura originale. L’attesa nei confronti del film era altissima. Non solo perché Guadagnino era reduce dall’indiscusso successo di “Chiamami col tuo nome”. Il regista, nell’arduo compito di catturare l’atmosfera del film originale, è riuscito a convincere Thom Yorke, frontman dei Radiohead, a comporre la sua prima colonna sonora.
Così come Argento poteva contare sui paesaggi sonori progressive-rock dei Goblin, il cineasta affida alla voce immateriale della band inglese le musiche del film. Thom Yorke sta a Guadagnino, come il suo sodale, Jonny Greenwood, sta a Paul Thomas Anderson.
Il musicista inglese si allontana dalla pomposità rock anni Settanta dei Goblin per approdare a sonorità più rarefatte e spettrali, reminiscenti dei suoi lavori solisti. I suoni sognanti e distesi provenienti dal suo ultimo disco, ANIMA, sembrano venir posseduti da un’entità sovrannaturale. La voce eterea di Yorke si ibrida con delicate melodie di pianoforte nei momenti in cui ricerca la forma canzone, come in Suspirium, pezzo d’apertura del film. Dato che la pellicola è ambientata nella capitale tedesca il musicista decide di colorare la colonna sonora di sfumature kraut-rock, quel genere sperimentale nato nella Germania postbellica di cui Kraftwerk e Tangerine Dream furono pionieri. Non è un caso che si intraveda anche un poster di Bowie, artista fortemente influenzato da questo stile di musica e che proprio davanti al muro di Berlino ha registrato tre dischi leggendari. L’arpeggio dissonante di Volk risuona diegeticamente nella sala da ballo, presagio di un oscuro segreto destinato ad essere svelato. Le macabre coreografie di danza diventano catalizzatrici della violenza spietata delle streghe. Le sinistre note di sintetizzatore incatenano le malcapitate vittime in una prigione di specchi, dove le venature body horror della pellicola si mostrano in tutta la loro potenza. Tessiture ambient fanno da contraltare ai momenti più cacofonici e sperimentali della colonna sonora. Un’orchestra coadiuva il musicista inglese contribuendo ad alimentare l’atmosfera ansiogena del film grazie allo stridore d’archi e alle incorporee voci di un coro. La chitarra arpeggiata di Open Again sembra ricordare una versione posseduta della melodia del celebre pezzo dei Radiohead Weird Fishes / Arpeggi.
Quando i colori della pellicola virano sul rosso, ricalcando la fotografia del film di Argento, le streghe si lasciano andare, sulle oniriche note di Unmade, ad un sabba satanico che sfocia nel gore più sanguinolento possibile. Le distese pulsazioni dei synth simulano i respiri affannosi che si levano dal corpo putrefatto di Madre Suspiriorum, Helena Markos. In Has Ended un ritmo di matrice trip-hop si ibrida a texture che sembrano prese in prestito dalla psichedelia beatlesiana del periodo di “Revolver”.
Chissà che questa esperienza in qualità di compositore per film non abbia fortemente influenzato Yorke. Chissà se in un prossimo futuro scriverà ancora per immagini, assoldato da qualche regista in cerca di suoni sperimentali. Quello che è certo, per ora, è che un nuovo album dei Radiohead è alle porte. Nessuno esclude che la band inglese possa esplorare paesaggi sonori oscuri e claustrofobici. Thom Yorke ha già dimostrato di saperlo fare. Anche molto bene.
Gioele Barsotti