L’angolo di Michele Anselmi

Mi sembrava di averlo visto da qualche parte, non troppo tempo fa, infatti l’avevo visto: alla Mostra di Venezia del 2021, dove era tra i titoli fuori concorso. Adesso lo danno su Netflix, e vale la pena di dargli uno sguardo, sempre che piacciano i film western un po’ esistenziali e minimalisti, ma dove comunque volano proiettili. Infatti una sparatoria apre “Old Henry” di Potsy Ponciroli, il “microwestern” tutto al maschile, senza quote rosa.
Siamo ai primi nel Novecento, per l’esattezza il 1906, tra le colline dell’Oklahoma. Un contadino cinquantenne, rimasto vedovo, appunto “il vecchio Henry”, lavora come un somaro per dare un futuro decorosa al figlio adolescente che però scalpita perché non sa sparare. Ma un brutto guaio è alla porta: sotto forma di un tizio gravemente ferito e con un borsello pieno di dollari, troppi per essere puliti. Il farmer sa che arriveranno altri uomini per recuperare quei soldi e si prepara al peggio, mostrando inattese abilità nel coprire le tracce e usare le armi.
Coprodotto da Tim Blake Nelson, attore eclettico come pochi e qui perfetto nel ruolo dell’agricoltore dal passato misterioso, “Old Henry” gioca nel titolo, in una chiave quasi “apocrifa”, col vero nome di un leggendario bandito del West. Non a caso si fa un gran discorrere di quella notte del luglio 1881, quando “Billy the Kid”, a soli 22 anni, fu freddato a Fort Sumner, in New Mexico, dall’ex amico Pat Garrett. Una sorpresa è nell’aria.
Il film, a basso budget, girato nelle campagne del Tennessee, maneggia molti stereotipi del genere, agitando temi come la redenzione e il perdono, ma con l’aria di non prendersi troppo sul serio, e un po’ si sente nella tenuta generale. Accanto al protagonista ci sono attori bravi e intonati, come Stephen Dorff e Scott Aze, e posso solo immaginare il loro divertimento nell’indossare cappelli, stivali, spolverini, pistole (più contorno di parlata biascicata). Il sanguinoso “showdown” finale ricorda un po’ quello inventato da Clint Eastwood per “Il cavaliere pallido”; e del resto uno spirito tra crepuscolare e malinconico, da fine di un’epoca e di un’epica, grava sugli eventi sin dalla prima inquadratura.

Michele Anselmi