Si può avere nostalgia di età non vissute? È questa una delle domande che ci pone Onde Road di Massimo Ivan Falsetta, l’ultimo regalo di Distribuzione Indipendente. E la risposta è affermativa. Perché è proprio quello che riesce a suscitare Onde Road: rimpiangere con sguardo sognante i mitici anni Settanta (al massimo Ottanta) anche se si è nati molto dopo, quando l’epico periodo delle radio libere e pirata era già stato spazzato via dalla Legge Mammì.

Onde Road è un on the road (non a caso genere cinematografico molto in voga a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta) sulle strade del ricordo, del passato, in un back to the past che è allo stesso tempo back to the future. Il film, infatti, fa un salto nel passato pur rimanendo al presente a causa di un emittente pirata anni Settanta che blocca tutti i ripetitori e frequenze radio nazionali, imponendo “a reti unificate” solo musica di quarant’anni fa. Ma da dove proviene la minaccia? Si sa solo che la speaker fuorilegge trasmette dalla Calabria. Il resto è quanto deve scoprire un’agente (Barbara Cambrea) della censura futuribile, sezione della CIA incaricata di proteggere il presente dal ritorno del passato.

Onde Road procede libero come libere sono le radio che racconta. Massimo Ivan Falsetta immagina e plasma questa simpatica e piacevole dimensione di fiction mischiandola a interviste e dichiarazioni di chi la radio, nei lontani anni Settanta, l’ha fatta veramente. È così che, con fare pop e un po’ fricchettone, facciamo un tuffo vintage negli anni Settanta, tramite i racconti di speaker storici come Federico l’Olandese Volante o Awanagana, ma anche l’incontro con un alieno argentato interpretato da un magnetico Fabrice Quagliotti degli indimenticabili Rockets (che firmano la rampante colonna sonora del docu-film).

L’idea di Onde Road va quindi oltre il puro documentario da Rai Tre o lo stile videoclipparo da scanzonato programma “giovane” di Italia 1. Certo incappiamo in qualche superflua sequenza di transizione, dove tra l’altro si eccede nell’uso di effetti digitali, o in qualche cesura che sfuma con poca dolcezza e fluidità, ma questo non inficia la meritevole trovata di base di riproporre al cinema un sano e accorato omaggio alle radio libere e agli anni Settanta. Tanta musica, anzi tanta bella musica, delle buone riprese, un intento storico-educativo di fondo. E profumo di vintage, che è sempre (più) di moda. Cosa vogliamo di più?

Tommaso Tronconi