L’angolo di Michele Anselmi

Se vi piace Silvio Orlando, il suo recitare tra malinconia sommessa e ulcerazione esistenziale, da domani 3 novembre si può vederlo, oltre che in “Ariaferma” di Leonardo Di Costanzo, anche nel film “Il bambino nascosto” di Roberto Andò. Preso alla Mostra di Venezia come titolo di chiusura fuori concorso, adesso si misura con il pubblico vero, pagante. Intendiamoci, Andò, classe 1959, è uno scrittore sensibile, un bravo regista di cinema, teatro e opera lirica, un siciliano colto e gentile; tuttavia, come scrissi dal Lido due mesi fa, forse non è sempre una buona idea portare sullo schermo i propri romanzi. Dopo “Sotto falso nome” e “Il trono vuoto” tocca, appunto, a “Il bambino nascosto”, pubblicato nel 2020 da La Nave di Teseo e ora film prodotto da Angelo Barbagallo e Rai Cinema.
Ciò che sulla pagina custodisce un senso misterioso ed evocativo al cinema rischia di diventare un esercizio di stile un po’ fine a sé stesso. In questa sorta di “kammerspiel” ambientato nel quartiere di Forcella, a Napoli, succede che un sessantenne professore di conservatorio, tal Gabriele Santoro, abitudinario e solitario, si ritrovi in casa senza saperlo un ragazzino in fuga da qualcosa. Ciro abita al piano di sopra, ma non vuole tornare dai suoi, teme il padre camorrista. Che cosa ha combinato? E perché il pianista, pure sapendo che sta per mettersi nei guai seri, accoglie quel piccolo fuggitivo già così contagiato dal culto delle pistole, del “machismo”, della violenza?
Avrete capito la dinamica psicologica che si crea: il ragazzino, sboccato e mitomane, mai svezzato, trova nel pianista una specie di padre, un sostegno inatteso, solidale; mentre il vecchio, misantropo e pure omosessuale, negatosi all’attività concertistica sentendosi forse inadeguato, trova una ragione per compiere un gesto di generosità e sentirsi meno solo.
Se il piccolo Giuseppe Pirozzi interpreta d’istinto Ciro, Silvio Orlando fa un po’ Silvio Orlando nei panni del “maestro”: laconico, umorale, in rotta col fratello, anaffettivo, e tuttavia capace perfino di armarsi di una Beretta calibro 9 per difendere il ragazzo da una possibile esecuzione ordinata da un boss locale.
Tra citazioni poetiche da Kavafis, omaggi a Totò e frasi a effetto del tipo “Tra la legge e l’amore oggi sceglierei l’amore”, il film intreccia meditazione senile e andamento da thriller partenopeo, nel senso di una minaccia costante, da microcosmo nel quale tutti si sfiorano senza parlarsi. “Il bambino nascosto” mi sembra un po’ inerte, recitato così così, benché siano coinvolti attori di valore come Roberto Herlitzka, Lino Musella e Gianfelice Imparato, diciamo molto racchiuso nelle suggestioni che vengono dalla fotografia di Maurizio Calvesi.

Michele Anselmi