L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per “il Secolo XIX”

Se non glielo danno stavolta, con gli sfracelli che fa in “Revenant – Redivivo”, inclusa una micidiale lotta con l’orso, suonerà come una persecuzione. Leonardo DiCaprio ne ha fatta di strada da quando, indispettito per non essere stato candidato miglior attore all’epoca di “Titanic”, disertò la serata di gala degli Oscar. Per anni non gliel’hanno perdonato, ma forse, alla sua sesta nomination, la statuetta finalmente arriverà.
Intanto il quarantunenne attore stasera arriva a Roma, insieme al regista Alejandro González Iñárritu, proprio per promuovere l’atipico western che esce domani in Italia, forte delle 12 candidature annunciate ieri. Più delle 10 di “Mad Max – Fury Road”, delle 7 di “Sopravvissuto – The Martian”, delle 6 di “Il caso Spotlight”, delle 5 di “La grande scommessa”, e tutte nelle categorie che contano nel gran ballo degli Oscar. Pare difficile che il regista messicano, vincitore nel 2015 con “Birdman”, possa fare il bis, ma intanto si gusta la felice coincidenza: nella storia dell’Academy non sono tanti, vengono in mente Ford, Mankiewicz e Allen, i cineasti ricandidati un anno dopo l’Oscar.
Erano le 5.30 di mattina a Los Angeles, bizzarrie del cine-rito, quando sono risuonate le cinquine dell’edizione numero 88. La premiazione è prevista il 28 febbraio, al Dolby Theatre, condurrà il comico nero Chris Rock, uno piuttosto sboccato, e speriamo che sia divertente. Ha poco da ridere Quentin Tarantino, rimasto fuori dai giochi che lo riguardano col suo “The Hateful 8”; però Jennifer Jason Leigh figura tra le cinque attrici non protagoniste e il nostro Ennio Morricone, fresco di Golden Globe, rifulge nella categoria migliore colonna sonora, anche se una bella porzione della musica fu composta per “La Cosa” di John Carpenter.
Certo poteva andare meglio per l’Italia. Il milanese-tedesco Giulio Ricciarelli, con “Il labirinto del silenzio” da ieri nelle sale, non è neanche entrato nella cinquina per il miglior film straniero, dove vedrete che alla fine si imporrà l’ungherese “Il figlio di Saul” di László Nemes. Pietro Scalia, tra i migliori montatori per “Sopravvissuto – The Martian”, ormai è più americano di Spielberg e Lucas messi insieme. Consoliamoci con la nomination per “Simple Song #3” di David Lang, la suggestiva canzone che Paolo Sorrentino ha inserito nel suo “Youth – La giovinezza”, piuttosto snobbato dai giurati dell’Academy, specie nel reparto attori (nulla per Michael Caine, Harvey Keitel e Jane Fonda).
Del resto, gli otto titoli che gareggiano alla voce miglior film quest’anno portano da tutt’altra parte. Sono di forte impatto spettacolare ed emotivo, come “La grande scommessa” di Adam McCay, “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg, “Mad Max – Fury Road” di George Miller, “Sopravvissuto – The Martian” di Ridley Scott, appunto “Revenant – Redivivo” di Iñárritu; densi ritratti femminili come “Brooklyn” di John Crowley e “Room” di Lenny Abrahamson; oppure l’appassionante ricostruzione di un’inchiesta giornalistica come “Il caso Spotlight” di Tom McCarthy.
E se il rude DiCaprio, come si diceva, dovrebbe avere la meglio su avversari temibili come Matt Damon e Michael Fassbender, incuriosisce, forse perché inattesa, l’inclusione di Charlotte Rampling tra le migliori attrici protagoniste, accanto alle solite Cate Blanchett e Jennifer Lawrence, per il toccante “45 anni”. Stallone ha già conquistato un Golden Globe per “Creed”, un bis pare improbabile, sempre che Hollywood non voglia tributare un premio affettuoso a quel che resta di Rocky e Rambo. D’altro canto, va sfatata la leggenda secondo la quale i Globe anticiperebbero gli Oscar, non fosse altro perché i giurati votano in tempi diversi: a volte accade, a volte no, dipende dai casi. Di sicuro non ha sorpreso nessuno, tra i giornalisti convocati dall’Academy all’alba, l’esclusione di “Star Wars – Il risveglio della Forza” dalle categorie principali (film, regia, attori, sceneggiatura) a favore di quelle tecniche. Il fanta-kolossal di J.J. Abrams ha incassato finora 1 miliardo e 750 milioni di dollari, un’enormità: la sfida con “Avatar” si gioca al botteghino planetario, mica sul fronte delle statuette.

Michele Anselmi