L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
Le parole sono trappole, menzogne, sono i nostri dei? Oppure racchiudono concetti chiari, profondi, che nessuna immagine, per quanto bella e artistica, riesce a custodire? “Words and Pictures” è un titolo efficace, ma un po’ fuorviante, e certo non si capisce bene perché lasciarlo in inglese, se non per la solita concessione esterofila. Però il film del non più giovane regista australiano Fred Schepisi, tratto dalla commedia teatrale di John Guare, è interessante, anche toccante, di sicuro non convenzionale (nelle sale dal 13 novembre, targato Adler Entertainment).
Perché dietro quel gioco di schermaglie amorose, da partitura sentimentale in stile Spencer Tracy & Katharine Hepburn, si cela un nucleo drammaturgico più sottile e ambizioso, che trascende la caratterizzazione dei personaggi, anche certi cliché convenzionali, per farci riflettere su un metaforico match “parole versus immagini”.
Siamo alla Croyden Preparatory School, nel placido Maine, una scuola privata per ragazzi benestanti, dove si studia in divisa ma poi la vita irrompe e spariglia i piani. Jack Marcus, ovvero Clive Owen, è un professore di letteratura sgualcito emotivamente quanto le sue giacche di velluto. Beve troppa vodka, litiga al ristorante mettendo tutti a disagio, ha un figlio che non vuole vederlo e quasi si vergogna di lui, da anni non riesce a pubblicare un libro decente. Ma crede fortemente nella forza della Parola, e fa di tutto per comunicare ai suoi studenti quella convinzione: leggendo loro pagine di Shakespeare e Turgenev, Updike e Agee, forzandoli per scherzo a coniare neologismi audaci, a non impoverire il linguaggio a colpi di sms e twitter. Dina Delsanto, ovvero Juliette Binoche, è una professoressa di materie artistiche, appena ingaggiata dalla scuola; carattere scorbutico, la chiamano “ghiacciolo”, bellezza un po’ sfiorita, poco incline a fare amicizia con gli altri insegnanti, una zoppia dolorosa a causa dell’artrite reumatoide che quasi le impedisce ormai di dipingere i suoi grandi quadri astratti. Anche lei era famosa, un tempo, ora vive solitaria in riva al fiume.
Avrete capito che Jack e Dina somigliano ad animali feriti, l’uno inciampa dappertutto per via dell’alcol, l’altra arranca col suo bastone, eppure sono due valenti insegnanti, e insieme due agguerriti duellanti: dalla sfida sulle parole eccentriche divise in sillabe passano a una vera e propria guerra guerreggiata sul potere della Parola e dell’Immagine, e tutta la scuola sarà coinvolta in quella piccola follia quasi privata, con effetti proficui sull’apprendimento, fino allo show down finale che non riveliamo.
Sì, va bene, c’è “L’attimo fuggente” di Peter Weir, australiano pure lui come Schepisi, a marcare il territorio; ma “Words and Pictures”, dietro la prevedibile evoluzione della love-story litigarella, tra stop & go, momenti di tenerezza e asprezze desolate, non è un film da sottovalutare. Bene doppiati da Massimo Rossi ed Emanuela Rossi, ma se trovate la versione originale sottotitolata è meglio, i due attori orchestrano la partitura senza scadere nel virtuosismo fine a se stesso, bordeggiano a tratti l’esercizio di stile, citano illustri precedenti della romantic comedy, ma poi si impone un mix di amarezza e umorismo, di sottile riflessione sulle strettoie dell’esistenza. E magari allo spettatore, uscendo dal film, verrà voglia di leggere un libro di poesia e di vedere una mostra di pittura, senza dover scegliere per forza tra i due.
Michele Anselmi