La risposta francese ad ACAB? | Premio della Giuria a Cannes

Non sembra essere stato all’altezza delle aspettative il terzo esperimento di regia dell`attrice francese Maïwenn, Polisse, al di là dell’originalità del titolo, un errore grammaticale della parola `Police`, cioè polizia, commesso dal  figlio mentre faceva i compiti. La regista si gratifica persino nel ruolo di una fotografa incaricata di documentare il lavoro dei poliziotti quasi a voler ricordare il lungo periodo trascorso negli uffici della Brigata Protezione Minori, una "full immersion" per raccogliere informazioni, testimonianze e tutto il materiale necessario per un abbozzo di sceneggiatura, perfezionato poi con Emanuelle Bercot.

Impressionata da un documentario televisivo su un commissariato per minori, la regista ha voluto infatti entrare in contatto con questa realtà. “Quello che ho scritto è basato esclusivamente su fatti ai quali ho assistito personalmente o su storie che gli agenti mi hanno raccontato”. Storie di abusi sessuali di padri sulle figlie, di nonni sulle nipotine, di violenze di istruttori sugli allievi, di aborti e di violenze di compagni di scuola su altri compagni. E sono vere anche le vite dei poliziotti, interpretati da attori magnifici, della sezione minori. Fra di loro nascono amori, rivalità, rapporti clandestini, litigi oltre al sostegno reciproco per affrontare il tran tran quotidiano.

Il risultato è un film in equilibro precario tra romanticismo e dovere di cronaca che a tratti mette in dubbio l’autenticità delle storie raccontate. Come l’amore tra la fotografa-regista e uno degli agenti dove fa capolino anche il nostro Scamarcio nella parte del compagno tradito. Forse il personaggio meno necessario di tutto il film. Tuttavia quel che appare interessante è lo spirito documentaristico che in alcune scene assume uno strano sapore di propaganda del lavoro dei poliziotti della sezione minori, in realta` un reparto un po’ snobbato dalle altre unità, ma pur sempre fatto di esseri umani, uomini e donne, messi ogni giorno a dura prova da uno dei mestieri più difficili al mondo.

Ma almeno i poliziotti di Polisse non hanno nulla da spartire con i poliziotti bastardi e senza regole di ACAB, l`atro "poliziesco" attuamente nelle sale italiane. Premio della Giuria all`ultimo Festival di Cannes, il nuovo film di Maiwenn sembra ripercorrere le ambientazioni di Police di Maurice Pialat del 1985 o di Le petit lieutenant di Havier Beauvois, ma a differenza di questi capolavori, la pellicola della regista francese sembra un po’ troppo stressata dalle difficoltà professionali e dagli psicodrammi personali dei protagonisti che la rendono perfetta per una serie TV sui corpi di polizia dal prevedibile boom di ascolti

Monica Straniero