L’angolo di Michele Anselmi 

Mi auguro che nessun esponente del governo Meloni se la prenda con “Princess”, magari pensando che dietro l’uscita del film di Roberto De Paolis ci sia un messaggio politico sul tema tribolato dei migranti, degli sbarchi e dell’integrazione possibile. A destra sono fatti così: tutto ad essi sembra un “complotto” del cinema ritenuto di sinistra. Il secondo film del 42enne regista romano che si fece apprezzare con “Cuori puri” aprì a Venezia, due mesi e mezzo fa, la sezione competitiva Orizzonti. Lo trovate da giovedì 17 novembre nelle sale, targato Lucky Red, producono Young Films e Indigo con Rai Cinema.
I titoli di testa sono spiazzanti, con quella grafica all’antica, da favola di principesse; ma capiamo subito che la Princess in questione non aspira al principe azzurro. Short aderenti, parrucca rosa e mercanzia in vista, Princess è una diciannovenne nigeriana, clandestina, che fa la prostituta nella pineta di Ostia. Il bosco è tutt’altro che incantato, anche se lei sa muoversi con abilità tra quegli alberi, dove si vende in piedi, in media per 20-30 euro (“bocca-fica” dice in italiano a chi la cerca, per il resto parla uno strano inglese da slang africano).
Una volpe investita da un furgone può diventare una cena da consumare che le amiche, tutte prostitute navigate, in una specie di baraccopoli ai margini di Ostia. Ma Pasolini non c’entra. Per sopravvivere, Princess deve ogni giorno schivare pericoli e sentimenti, fiutare l’odore dei soldi e raggirare i clienti, mostrandosi dura, tosta, sarcastica.
Il film ha un andamento curioso, tra toni da commedia e situazioni minacciose. De Paolis pedina Princess nelle sue giornate fitte di incontri anche buffi: il gagà fiorentino in Ferrari, il trentenne col casco in testa che le scruta in bocca temendo malattie, il vecchio spilorcio che detesta il figlio, il tassista furbacchione che sembra imbranato e invece tira un brutto scherzo alla poveretta… Poi c’è Corrado, che cerca funghi per il sugo e porta a spasso il cane. Princess lo provoca perché accetti il servizietto e paghi; ma lui sembra timido, reticente, ogni volta trova una scusa. Chissà che, strada facendo, tra i due non possa nascere qualcosa di diverso, di tenero. A che prezzo per lei?
Nato dalle confessioni di alcune ragazze nigeriane, “Princess” si muove tra realtà degradata e racconto lirico di un’umanità ferità, ma senza pietismo, a tratti con cruda osservazione. Ha ragione De Paolis: “Aggrappata al proprio candore, lei cerca di resistere alla ferocia del mondo”, come protetta da un sortilegio ancestrale che però forse non resisterà alla prova di un sentimento. Non c’è lieto fine, anche se – confesso – mi sarebbe piaciuto.
Glory Kevin incarna Princess con naturale esuberanza, facendone un personaggio in bilico tra cinismo autoprotettivo e fantasie romantiche; Lino Musella, un po’ il nuovo “prezzemolo” del cinema italiano, attribuisce a Corrado le giuste sfumature da maschio fragile e premuroso, appena inquietante; tra i clienti coloriti emergono Salvatore Striano e Maurizio Lombardi.

Michele Anselmi