L’angolo di Michele Anselmi | Scritto per Cinemonitor
Andò veramente così? Vai a saperlo. Certo è che a osservare la vera foto che certificò l’incontro avvenuto alla Casa Bianca, il 21 dicembre 1970, il presidente Richard Nixon e il rocker Elvis Presley non sembrano particolarmente entusiasti. Un film di Liza Johnson, nelle sale dal 22 settembre con Videa, ricostruisce ora quell’evento, con una buona dose di fantasia ribalda ma appoggiandosi a testimonianze reali, e ne esce invece il ritratto di due uomini – potenti e un po’ soli – felici di essersi incontrati contro ogni previsione.
Punteggiato da canzoni famose, da “Knock on Wood” di Eddie Floyd sui titoli di testa a “Spinning Wheel” dei Blood, Sweat & Tears su quelli di coda (in mezzo ci scappa anche “Suzie Q” dei Creedence Clearwater Revival), il film è spiazzante e curioso, anche se un po’ irrisolto e parecchio gigione. Di sicuro non cerca la verosimiglianza assoluta, altrimenti la regista non avrebbe ingaggiato il gigantesco e squadrato Michael Shannon per incarnare “the King”, più basso di lui nella realtà e sicuramente più bello, sexy e morbido. Kevin Spacey, invece, si camuffa con più dedizione, assumendo le posture giuste e imitando bene, nella versione originale, il vocione del discusso presidente repubblicano poi distrutto dallo scandalo Watergate.
“Elvis & Nixon” non è coinvolgente come “Frost/Nixon. Il duello” di Ron Howard, dell’ormai lontano 2008 (lì a interpretare il presidente era Frank Langella), ma pesca un po’ nello stesso stagno: si diverte cioè a mostrare il dietro le quinte, molto insistendo sull’antefatto, quasi a “umanizzare” i due contendenti famosi.
È noto che Nixon, assai ignorante in fatto di musica e poco sensibile ai richiami della politica-spettacolo, mal digerì sulle prime la strana richiesta di Elvis Presley, all’epoca uno dei cantanti più celebri al mondo. «Chi cazzo l’ha messo in programma?» si infuria, seduto al suo tavolo nello Studio Ovale, quando legge quel nome nell’agenda di giornata. Poi, convinto dai suoi giovani spin doctor, intuisce che l’incontro può tornar comodo in vista delle elezioni. Elvis è ancora una star planetaria amata dai giovani, benché i tempi stiano cambiando, una chiacchierata di pochi minuti e uno scatto per i mass-media appaiono un sacrificio accettabile.
Solo che il cantante di Memphis (anzi di Tupelo) chiede molto di più. Fissato con le armi e deciso a intraprendere una crociata personale contro i “rossi” e “i figli dei fiori”, Elvis esige che il presidente gli consegni un distintivo “da agente federale aggiunto”. La sua idea? Lavorare in incognito, sotto copertura, e già viene da ridere. Ma l’uomo è cocciuto: si presenta di prima mattina alla Casa Bianca, senza documenti, tanto lui è Elvis, e lì per lì non gli credono, lo prendono per un sosia mitomane, poi tutto si chiarisce: e a quel punto bisogna convincere Nixon.
Nessuno sa davvero come andarono le cose quel giorno tra i due, anche perché solo l’anno successivo Nixon avrebbe preso la buona abitudine di registrare gli incontri nel suo studio; in questo “vuoto” di informazioni si inserisce il copione di Joey e Hanala Sagal, tra digressioni buffe e manie reali, battute inventate e protocolli presidenziali.
Per dire: Elvis se la prende con John Lennon, considerato dai giovani di tutto il mondo una specie di profeta, pure con Woodstock, i Rolling Stones e i Grateful Dead; mentre Nixon, mai ripresosi dal confronto televisivo con l’avvenente Kennedy, si apre al sorriso quando il cantante mostra di considerarlo in fondo un bell’uomo.
Certo, Liza Johnson si muove su un crinale rischioso, e la parrucca indossata da Shannon è un passo da effetto Bagaglino; ma è anche vero che, strada facendo, l’incontro tra le due “icone americane” si converte in commedia paradossale con un fondo di acre verità. L’America è anche questa: selvaggia, imprevedibile, attraversata da un ramo di anarchica follia.
Naturalmente tutto è ricostruito con cura, a partire dalla Cadillac Eldorado bianca con interni di pelle rossa, e poi abiti, collane, occhiali, arredi, pistole dorate, eccetera. Nella versione italiana Shannon-Elvis è doppiato da Pino Insegno, Spacey-Nixon dal solito Roberto Pedicini.
PS. Scena divertente: all’aeroporto il vero Elvis viene preso da un finto Elvis per un sosia improponibile, e apostrofato coloritamente. Sembra quasi una metafora, o una maledizione.
Michele Anselmi