L’angolo di Michele Anselmi

Ho l’impressione che Donato Carrisi, da Martina Franca, classe 1973, scrittore affermato di thriller, abbia visto troppo film “de paura” e li citi tutti ogni volta che passa alla cinepresa per portare al cinema uno dei suoi romanzi di successo. Così, dopo “La ragazza nella nebbia” e “L’uomo nel labirinto”, ecco “Io sono l’abisso”, tratto da un libro del 2020, Longanesi. Esce giovedì 27 ottobre, targato Vision Distribution, ovvero Sky, coproducono Carlo Degli Esposti e Nicola Serra, e certo colpisce la coincidenza: mentre furoreggia su Netflix la miniserie americana “Dahmer-Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer”, Carrisi indaga su un altro serial-killer, per fortuna inventato, ma non meno mentalmente disturbato.

Siamo a Nesso, sul lago di Como, ai giorni d’oggi: e sicuramente l’acqua non è elemento marginale in questa storia fosca e crudele all’insegna di un andirivieni temporale pensato per complicare le cose e fornire qualche chiave di lettura degli eventi.

“Le persone mentono, ingannano: la spazzatura no, la spazzatura non mente” teorizza uno dei tre protagonisti della vicenda, di cui non conosciamo i nomi. Sulla pagina scritta si chiamano “l’uomo che puliva”, “la cacciatrice di mosche” e “la ragazzina col ciuffo viola”; nel film cambiano le definizioni, ma siamo lì, infatti Carrisi vorrebbe addirittura che lo spettatore andasse al cinema senza conoscere i nomi degli attori chiamati a incarnare i tre (“Al fine di rendere quanto più possibile realistiche le vicende narrate era necessario spersonalizzare completamente i protagonisti della storia” avverte).

L’uomo della spazzatura è alto, pelato, con cicatrice vistosa su un lato del cranio: per miracolo non è morto affogato da bambino nella piscina putrida di un albergo in disarmo, sotto lo sguardo della giovane mamma sciagurata, e adesso, ormai adulto e tormentato da una voce maschile adulterata, non ci sta tanto con la testa. Infatti esce di notte con baffetti finti, parrucchino esibito e abiti vistosi, rimorchia donne mature rigorosamente bionde nei locali della zona e poi le fa a pezzi dopo aver dato qualche morso ai brandelli di carne.

Poi, a completare il quadro, ci sono una madre impazzita dal dolore che vive quasi come una barbona dopo una tragedia familiare e una ragazza viziatella dell’alta borghesia locale costretta a prostituirsi sotto un ricatto in stile porn-revenge. Avrete capito che i tre destini ulcerati sono avviati a intrecciarsi, in modo tragico, e mi fermo qui per non rovinare lo snocciolarsi delle sorprese, inclusa quella nel finalissimo. Naturalmente il titolo viene da una battuta che echeggia minacciosa. “Chi sei tu?” chiede la voce cattiva. “Io sono l’abisso” risponde lo sciroccato assassino con sprazzi di pietà.

Il film è lungo 125 minuti, direi troppi, nonostante storie, sottostorie, flashback, bellurie e depistaggi. Come per “L’uomo nel labirinto, dove gigioneggiavano Toni Servillo e Dustin Hoffman, ho la sensazione che Carrisi-regista poco sappia tenere a bada il Carrisi-scrittore: lo stile espressivo è assai arzigogolato, con gran dispendio cromatico tendente al livido giallognolo, dettagli ingigantiti, profili ravvicinati, nudi sgraziati di spalle, acqua purificatrice, un senso di generale squallore. Insomma avete capito: la spazzatura come reperto di un’umanità sfatta e miserabile, con il peggio viene da lontano, cioè dai sentieri tortuosi della mente offesa.

Carrisi lascia le atrocità fuori campo e fa un uso discreto della musica (bravo!); e tuttavia, al pari di Dario Argento, non sembra granché interessato alla prova degli attori, pure intonati al torvo clima generale: preferisce concentrarsi su una certa idea lacustre di pazzia e degradazione.

Non avendo capito se posso citare o meno i nomi degli interpreti, una delle quali a me cara per la sua bravura, mi astengo, pubblicando la foto promozionale con Carrisi e il lago di Como sullo sfondo.

Chi ama il genere troverà, forse, pane per i suoi denti e morsi da dare.

Michele Anselmi