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Nonostante le maiuscole prove nelle personali riletture dell’Amleto e del Don Giovanni e il ruolo da protagonista assoluto nel classicheggiante Una casa di bambola, Filippo Timi continua ad effettuare pessime scelte al cinema. In Questi giorni, inserito inspiegabilmente nel Concorso ufficiale dell’ultima Mostra del Cinema, interpreta un professore insicuro e balbuziente, una figurina di contorno che si aggiunge alle molte altre che si muovono nell’universo creato da Giuseppe Piccioni. Alla sostanziale debolezza dei personaggi, si aggiunge anche un copione sciatto e blando che si nutre di luoghi comuni e di cliché per nulla approfonditi.
Il film narra il viaggio verso Belgrado di quattro ragazze dotate di caratteri diversi. La vita di tutte e quattro è piena di problemi e questo cammino funge anche da seduta psicanalitica per i personaggi. Una di loro si affaccia verso l’età adulta grazie ad un lavoro in un hotel di lusso nella capitale serba. L’incontro in un campeggio con un gruppo di ragazzi potrebbe mischiare le carte in tavola e offrire alle ragazze la possibilità di rendere il viaggio indimenticabile e di allontanarsi, anche se momentaneamente, dai problemi della loro quotidianità.
Come già detto, il copione di Piccioni non brilla per inventiva, nonostante la prima mezz’ora di messa in scena tenti di discostarsi dalle soluzioni visive trite e ritrite viste in altre decine di film. Il problema consiste nel fatto che il regista persegue l’obiettivo di intercettare una cifra stilistica particolare, correndo il rischio di perdere affetto nei confronti dei personaggi, guardati con distacco e freddezza (senza il morbido abbraccio che, ad esempio, caratterizza, con tutte le sue debolezze, L’estate addosso di Gabriele Muccino). Il viaggio delle quattro ragazze è appesantito da dialoghi artificiosi, da attori che divorano sotto i loro tic i personaggi interpretati e da una ricerca stilistica che si dimentica completamente del corrispettivo contenutistico. Peccato, le premesse erano buone, ma il risultato finale risulta essere banale, abbozzato ed imbarazzante. E, come se non bastasse, il film peggiora vistosamente con l’avanzare dei minuti.

Matteo Marescalco