
Questione di cuore non è solo un film d’amore come si potrebbe immaginare dal titolo, ma è anche un racconto di vita, di dolore, e di muta sofferenza che solo alla fine avrà voce per parlare. Il connubio Rossi Stuart-Albanese si sposa perfettamente con l’immagine delle rispettive compagne, Micaela Ramazzotti e Francesca Inaudi, entrambe compagne di vita dei protagonisti ma con ruoli definiti e molto diversi, la prima con il “peso leggero” di una famiglia e peraltro in dolce attesa, la seconda piena di sogni di successo e di carriera, indipendente ma innamorata del suo uomo. La storia è ambientata tra la Roma trasteverina, quella periferica della Casilina, e un paesino della Sabina. Alberto (Antonio Albanese) è uno sceneggiatore con il blocco dello scrittore, i suoi problemi esistenziali, o forse più puntati all’esistenza altrui lo distraggono completamente dal lavoro, il suo rapporto con Carla (Francesca Inaudi) è un non-rapporto, minato più dai pregiudizi che dagli avvenimenti veri e propri. Angelo invece è un “facoltoso meccanico” sposato, con due figli e uno in arrivo, la sua vita pare scorrere leggera, ma con l’ombra addosso per la morte prematura del padre. L’incontro tra Alberto e Angelo avviene nel caos totale del Pronto Soccorso di un ospedale romano, e si approfondisce in una stanza multipla di sub-terapia intensiva, dove entrambi sono ricoverati dopo un intervento al cuore. Da lì il destino dei due uomini si intreccia per sempre, tra la voglia di vivere di uno e la rassegnazione alla morte dell’altro. Le due figure sono molto diverse tra loro eppure complementari, come se ad un certo punto del film non si potesse immaginare più l’uno senza l’altro. Da una risata all’emozione che nasce giù in fondo allo stomaco, alternando momenti comici a momenti tragici, e rispecchiando quelle che sono le difficoltà, le paure ma anche le certezze della vita. La semplicità della storia messa in scena da Francesca Archibugi, che non cade mai in banalità, e la bravura dei protagonisti tutti, dona a questo progetto cinematografico la posizione perfetta per essere visto da tutti nella luce giusta. C’è una Roma calda nelle sue inquadrature, nella contrapposizione tra quartieri popolari che pullulano di vita essenzialista e il paesaggio immerso nel verde e bagnato dal lago Turano che fa da sfondo riconciliatorio per i personaggi, nella
luce a cavallo ( nel cinema, si riferisce a quella particolare luce dalle sfumature “dorate” visibile solo quando il sole sta calando) utilizzata in alcune riprese.
Voto 8